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Cellule T che attaccano il virus SARS-CoV-2. Credit: selvanegra/ iStock / Getty Images Plus.

Un gruppo di globuli bianchi immunitari chiamati linfociti T, prodotti nell'organismo dopo l'infezione da una variante del SARS-CoV-2, svolge un ruolo chiave nel prevenire una nuova infezione da una variante diversa, secondo uno studio guidato da Matteo Iannacone dell'Istituto Scientifico San Raffaele di Milano1. Questo contraddice l'opinione prevalente che vuole che siano soprattutto gli anticorpi neutralizzanti a prevenire l'infezione, mentre i linfociti T sarebbero principalmente coinvolti nella protezione dell'organismo dalle forme gravi della malattia2.

"Siamo fan degli anticorpi e crediamo che i vaccini contro il COVID-19 siano gli strumenti più efficaci per contrastare la pandemia", dice Iannacone, "ma si esauriscono abbastanza rapidamente e perdono efficacia quando il virus muta in modo significativo".

D'altra parte, è noto che i linfociti T persistono nel sangue anche per un anno dopo l'infezione o la vaccinazione e sono più robusti rispetto all'evoluzione del virus. Mentre gli anticorpi impediscono al virus di entrare nelle cellule dell'ospite, le cellule T si attivano una volta che il virus è entrato nelle cellule e lo eliminano. Se questo avviene abbastanza velocemente, il virus rimane non rilevabile e l'infezione viene domata.

Gli autori hanno confrontato due gruppi di topi transgenici, entrambi ingegnerizzati per modificare il loro recettore ACE2. "Il recettore ACE2 murino non si lega al SARS-CoV-2 con la stessa efficienza di quello umano", spiega Valeria Fumagalli, ricercatrice dell'Istituto scientifico San Raffaele e primo autore dello studio. "Abbiamo usato la CRISPR-Cas9 per introdurre modifiche minime al recettore murino ACE2 e migliorare la sua affinità con il SARS-CoV-2".

I due gruppi differivano per la loro capacità di produrre anticorpi. Un gruppo aveva un sistema immunitario completo e funzionante, mentre l'altro non era in grado di produrre anticorpi, pur conservando normali cellule B e T. "Preservare la struttura fisiologica degli organi linfoidi e le cellule B funzionanti è essenziale per avere una risposta non difettosa delle cellule T", spiega Iannacone.

I topi sono stati inizialmente esposti alla variante Delta, quella emersa nell'estate del 2021. Un mese dopo sono stati esposti alla variante Omicron, emersa alla fine del 2021. Sorprendentemente, non solo i topi che hanno prodotto anticorpi contro Delta hanno resistito all'infezione, ma anche quelli senza anticorpi: gli autori non sono stati in grado di rilevare alcun RNA virale nel naso e nei polmoni.

"I nostri risultati, insieme a quelli ottenuti nei primati e ai dati epidemiologici del mondo reale, suggeriscono che le cellule T prodotte dopo precedenti infezioni o vaccinazioni proteggono dal contagio", commenta Iannacone. Aggiunge che questo potrebbe significare che tre dosi di vaccino potrebbero essere sufficienti per persone giovani e sane, e spera che lo studio incoraggi anche lo sviluppo di saggi che permettano di monitorare la risposta delle cellule T in ampie popolazioni.