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Nativa del Messio, la pianta Cosmos bipinnatus è stata portata in Sud Africa all'interno di mangime per cavalli durante la guerra anglo-boera all'inizio del XX secolo. Credit: Madelein_Wolf/ iStock/ Getty Images Plus.

L'introduzione di piante e animali in tempo di guerra in aree al di fuori del loro areale naturale può sconvolgere gli ecosistemi e le economie locali, e non dovrebbe essere considerata un "danno collaterale minore", spiegano gli autori di un articolo pubblicato su Frontiers in Ecology & the Environment1.

"L'attività militare è intimamente associata alle invasioni biologiche. Le guerre mondiali, che hanno spostato migliaia di persone, rifornimenti e derrate alimentari tra i continenti, hanno portato alla diffusione globale di diverse specie non autoctone. Anche azioni militari minori possono comportare rapidi spostamenti di truppe tra aree geografiche distanti, creando le condizioni per il trasporto accidentale di specie", spiega l'autore principale, Alberto Santini dell'Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IPSP-CNR).

Le ruote di aerei, veicoli a motore o carri armati possono ospitare piccoli animali, mentre i semi si aggrappano facilmente alle uniformi e al materiale delle tende. I pallet di legno utilizzati per il trasporto di armi possono ospitare insetti potenzialmente invasivi.

Secondo Santini, la definizione di "flora castrense" è stata coniata dopo la Prima Guerra Mondiale per le piante non autoctone che hanno iniziato a fiorire intorno ai depositi e ai campi come conseguenza degli sforzi militari. Durante la Seconda guerra mondiale, l'introduzione accidentale del serpente marrone (Boiga irregularis) dall'Australia all'isola di Gaum, nel Pacifico occidentale, ha causato il crollo della popolazione di uccelli.

Dave Richardson del Centre for Invasion Biology dell'Università di Stellenbosch, in Sudafrica, co-autore dello studio, spiega che è importante, ma molto difficile, identificare i percorsi o gli eventi che hanno portato all'introduzione di specie in terra straniera. Questo perché la maggior parte delle invasioni è preceduta da un lasso di tempo di diversi decenni prima che la loro diffusione venga notata per la prima volta. "Conoscere i percorsi di introduzione delle specie è fondamentale per una gestione efficace delle invasioni, poiché prevenire le introduzioni o ridurne la probabilità è l'intervento più efficace dal punto di vista dei costi", ha affermato Richardson.

Richardson spiega in particolare che l'effetto sulle specie invasive dei conflitti diffusi in Africa è praticamente inesplorato. "È ampiamente accettato, ma non ancora confermato da studi molecolari o genetici, che i semi della pianta invasiva Chromolaena odorata siano stati introdotti accidentalmente dai soldati cubani durante la guerra civile angolana del 1975-2002. Questo ha dato il via a uno dei numerosi focolai di diffusione di questa specie, che è diventata una delle erbe infestanti più fastidiose del continente. Questa è probabilmente la punta dell'iceberg", aggiunge.

"Rispetto agli attuali alti livelli di commercio internazionale di piante e altri beni, il ruolo della guerra nel facilitare i percorsi di invasione è probabilmente minore, ma è importante in parte perché è ampiamente incontrollato", osserva Santini. "Gran parte delle guerre recenti si sono concentrate in regioni che ospitano anche una flora e una fauna uniche e variegate, e le conseguenze delle invasioni in queste regioni possono essere particolarmente gravi".

La Convenzione internazionale per la protezione delle piante (IPPC) e la Convenzione internazionale per il controllo e la gestione dell'acqua di zavorra e dei sedimenti delle navi (Convenzione BWM) stabiliscono standard fitosanitari a cui i Paesi esportatori devono attenersi per ridurre al minimo i rischi di invasione per i Paesi importatori.

Queste convenzioni, tuttavia, escludono il movimento di merci per attività militari, spiega Santini. Gli autori chiedono misure di protezione internazionali per controllare l'introduzione accidentale o deliberata di materiale biologico straniero.

Le oltre 37 000 specie già introdotte in altre regioni del mondo attraverso l'attività umana causano cambiamenti drammatici alla biodiversità e agli ecosistemi. Il rapporto sottolinea che non tutte le specie introdotte diventano invasive e hanno un impatto negativo sull'ambiente. Tuttavia, quelle che lo diventano costano all'economia mondiale almeno 423 miliardi di dollari all'anno. Tali costi sono almeno quadruplicati ogni decennio dal 1970, secondo l'ultimo rapporto di valutazione sulle specie esotiche invasive e il loro controllo della piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES) e dai suoi 143 Stati membri.