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Mount Etna eruption, Sicily, Italy. Credit: Antonio Zanghì/ Moment/ Getty Images.

Il modo in cui il magma viene immagazzinato e trasportato all’interno dei vulcani è difficile da studiare. I modelli attuali ipotizzano che i vulcani abbiano più serbatoi a diversi livelli, collegati da una rete di condotti che incanalano il magma verso la superficie. Sapere come la pressione e la temperatura variano da un livello all'altro è importante per comprendere la struttura di alimentazione di un vulcano, e può fornire indizi per prevedere la risalita del magma all'interno della crosta.

Lorenzo Chicchi e il suo gruppo all'Università di Firenze hanno sviluppato uno strumento di apprendimento automatico chiamato GAIA (Geo Artificial Intelligence thermobArometry), in grado di stimare le condizioni di pressione e temperatura del magma a partire dalla composizione chimica di uno specifico minerale trovato in superficie1.

Il sistema si basa su reti neurali del tipo feed-forward, una delle architetture più comuni nell'apprendimento automatico, in cui i neuroni artificiali sono organizzati in diversi strati collegati tra loro. Lo strato iniziale riceve il segnale di ingresso, che viene poi elaborato e passato allo strato successivo, fino allo strato finale dove si ottiene il segnale in uscita. "L'obiettivo è utilizzare la rete per riprodurre una funzione sconosciuta a partire da un insieme di esempi", spiega Chicchi. "I pesi delle connessioni vengono modificati in modo da rendere la risposta della rete il più possibile coerente con il set di dati iniziale".

In particolare, le reti neurali di GAIA usano come input la composizione del minerale clinopirosseno trovato nei magmi eruttati, e restituiscono una stima della temperatura e della pressione a cui il minerale ha cristallizzato. I clinopirosseni sono minerali presenti in alcuni tipi di magmi e la loro composizione chimica dipende fortemente dalle condizioni di cristallizzazione. Come set di dati per l'addestramento della rete, il gruppo ha utilizzato il database delle composizioni dei clinopirosseni dei cinque vulcani italiani più attivi (Somma-Vesuvio, Campi Flegrei, Etna, Stromboli e Vulcano).

I ricercatori hanno addestrato più reti neurali su diversi sottoinsiemi del set iniziale di dati. La presenza di più modelli ha permesso di generare una gamma di stime anziché una sola, fornendo sia un valore medio che un margine di errore per ogni composizione di clinopirosseno. Alla fine, gli autori hanno confrontato i risultati di GAIA con quelli delle indagini geofisiche e geodetiche dei cinque vulcani italiani, scoprendo che erano in ottimo accordo.

"GAIA è uno strumento che può migliorare la nostra comprensione della dinamica dei sistemi idraulici dei vulcani", aggiunge l'autore principale, Simone Tommasini, dell'Università di Firenze. "Può essere applicato a ogni singolo periodo eruttivo di un determinato vulcano per valutare le variazioni della profondità dei serbatoi magmatici e può fornire ulteriori basi per una delle aree di ricerca chiave della vulcanologia moderna, ovvero la prevenzione e la mitigazione del rischio vulcanico".