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La zanzara Culex pipiens, uno dei principali vettori del virus del Nilo occidentale. Credit: Westend61/ Getty Images.

Il virus del Nilo occidentale è un agente patogeno trasmesso dalle zanzare, isolato per la prima volta in Africa e ora diffuso in tutto il mondo. Circa l'80% delle persone infette non presenta sintomi, il 20% ha febbre e lievi dolori e meno dell'1% sviluppa meningite o encefalite potenzialmente letali. Nel 2022, in Italia sono stati segnalati centinaia di casi gravi e decine di decessi.

Un team di ricerca internazionale guidato da Alessandro Borghesi, del Policlinico San Matteo di Pavia, e da Jean-Laurent Casanova, della Rockefeller University di New York, ha scoperto che il 40% delle persone colpite da meningite o encefalite a causa dell’infezione da virus del Nilo occidentale è portatore di un difetto autoimmune che compromette le difese naturali contro l'agente patogeno1. Questi pazienti hanno autoanticorpi diretti contro i propri interferoni di tipo I, proteine che attaccano e uccidono i virus. I ricercatori hanno anche dimostrato che questi anticorpi bloccano l'effetto protettivo degli interferoni di tipo I in cellule in vitro infettate con il virus. "Abbiamo stimato che la presenza di questi autoanticorpi aumenta fino a 500 volte il rischio individuale di sviluppare una forma neuroinvasiva di malattia", afferma Borghesi. Tra lo 0,5 e il 2% delle persone al di sotto dei 65 anni e fino al 7% di quelle al di sopra dei 65 anni sono portatori di autoanticorpi contro gli interferoni di tipo I. Di conseguenza, il rischio di malattia grave è più elevato nelle persone anziane.

"Potrebbe essere utile sottoporre a screening per questi autoanticorpi le persone che vivono nelle aree più colpite dal virus, per identificare gli individui a maggior rischio e offrire loro una protezione specifica contro le zanzare", spiega Borghesi. Sarebbe anche possibile rimuovere selettivamente gli autoanticorpi dal sangue dei pazienti con malattia grave mediante un trattamento noto come aferesi terapeutica, che prevede il prelievo del sangue, la separazione e la rimozione di un suo componente e la successiva restituzione del sangue al paziente. Ma la sicurezza e l'efficacia di questa procedura devono ancora essere valutate in studi clinici su larga scala.

Resta invece ancora da scoprire il meccanismo alla base del restante 60% di casi di virus del Nilo occidentale che portano a encefalite o meningite.