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Operatori della Croce Rossa e Vigili del Fuoco portano soccorso ai residenti bloccati in casa il 25 Maggio 2023 a Conselice, dopo le inondazioni causate dalle intense piogge cadute in Emilia Romagna. Credit: Antonio Masiello/ Stringer/ Getty Images News.

Dopo le gravi alluvioni che hanno colpito l'Emilia-Romagna a maggio, causando 17 morti e quasi 37.000 sfollati, si è acceso un dibattito sulle cause. Le forti piogge che hanno causato le alluvioni erano eventi eccezionali, o le misure preventive sono state insufficienti? Il riscaldamento globale ha contribuito più o meno della cattiva gestione del suolo?

Le inondazioni hanno fatto seguito a tre distinti eventi meteorologici dei quali il secondo, il 16 maggio, è stato quello più intenso. "Le analisi preliminari indicano che le precipitazioni nell'arco di 36 ore hanno raggiunto un valore estremo", afferma Alberto Montanari, idrologo dell'Università di Bologna. "Ma il valore massimo orario non può essere considerato estremo".

Gli scienziati non sono ancora in grado di valutare il ruolo dei cambiamenti climatici in questo specifico evento alluvionale. Uno studio preliminare di attribuzione per l’evento dell’Emilia Romagna è stato pubblicato il 31 maggio dal gruppo di scienziati World Weather Attribution e non è ancora stato sottoposto alla revisione dei pari. Gli studi di attribuzione confrontano la probabilità che uno specifico evento si verifichi nel clima attuale con la probabilità che lo stesso evento avrebbe avuto in assenza delle emissioni di gas serra causate dalle attività umane a partire dal 1900, basandosi sia sui modelli climatici che sulle osservazioni storiche.

Le serie storiche di precipitazioni brevi ma intense, che possono causare l'esondazione di piccoli bacini fluviali come quelli dell'Emilia-Romagna, non sono sufficientemente lunghe per rilevare tendenze significative. Gli autori di World Weather Attribution hanno scoperto che la variabile che meglio rappresenta la natura di questo evento sono le precipitazioni cumulate su 21 giorni all'inizio di maggio in Emilia-Romagna. Hanno esaminato i dati raccolti dai pluviometri regionali a partire dagli anni '60 e hanno scoperto che il volume registrato nelle prime tre settimane di maggio di quest'anno è stato in effetti estremo, con un periodo di ritorno di circa 200 anni. Gli autori hanno concluso che eventi estremi di questo tipo non stanno diventando più frequenti o più intensi. Scrivono che "la quantità di pioggia che cade in un evento con periodo di ritorno di 200 anni oggi è la stessa di un evento con periodo di ritorno di 200 anni all'inizio delle misurazioni". Anche le simulazioni condotte con i modelli climatici confermano questo risultato preliminare. "Dei 19 modelli utilizzati, nessuno mostra un cambiamento significativo nella probabilità o nell'intensità di tale evento", scrivono gli autori.

Montanari spiega che i modelli climatici hanno un'affidabilità limitata nella simulazione di precipitazioni estreme, soprattutto a scala locale. I tre eventi verificatisi in Emilia-Romagna sono particolarmente difficili da simulare, perché sono stati causati dalla convezione, un processo in cui l'aria umida sale verso la parte alta dell’atmosfera e si raffredda rapidamente. Simulare la convezione richiede modelli a piccola scala del sistema terrestre che sono computazionalmente molto costosi e inaccessibili per la maggior parte dei centri di ricerca.

Ciò non significa che l'impatto del riscaldamento globale sulle precipitazioni non sia noto. Le leggi fisiche fondamentali dicono che, con l'aumento della temperatura media globale, anche le precipitazioni dovrebbero aumentare su scala globale. Potrebbero aumentare in alcune regioni e diminuire in altre, ma la maggior parte dei modelli climatici concorda sul fatto che le precipitazioni estreme diventeranno più intense e più frequenti in tutte le regioni, ad eccezione delle aree subtropicali, come la parte meridionale del Mediterraneo. E questo è confermato anche dai dati storici.

Per quanto riguarda le esondazioni fluviali, nel 2019, in uno studio pubblicato su Nature, alcuni ricercatori hanno esaminato i dati storici europei per capire se ci fossero tendenze dovute al riscaldamento globale. Come nel caso delle precipitazioni, i risultati non sono omogenei sul territorio: in alcune regioni le esondazioni sono aumentate, mentre in altre sono diminuite. Ma questo studio prendeva in considerazione solo i bacini fluviali grandi e medi, per i quali le serie storiche sono più lunghe e complete. Non è stato possibile valutare l'impatto del riscaldamento globale sui piccoli bacini fluviali, "perché di solito non sono monitorati o le serie di alluvioni sono troppo brevi per le analisi di tendenza", scrivono gli autori dello studio del 2019.

Anche l'urbanizzazione della regione è stata indicata, nei giorni successivi agli eventi, come una possibile causa delle inondazioni. Montanari ritiene che "data l'eccezionalità delle piogge, il cambiamento di uso di suolo non abbia giocato un ruolo centrale". Quando si verifica un evento estremo, dice, i suoli saturano rapidamente e la capacità di assorbire le precipitazioni si riduce, e questo sia per le pavimentazioni che per la vegetazione.

Diversa è l'opinione di Armando Brath, ingegnere civile dell'Università di Bologna referente per il rischio idrogeologico della Commissione Grandi Rischi, organo di consulenza scientifica della Protezione Civile. "Le precipitazioni sono state intense, ma gli effetti sul territorio sono stati aggravati dal cambiamento di uso del suolo avvenuto negli ultimi 50 anni," spiega. Sono stati particolarmente rilevanti i cambiamenti nelle pratiche agricole, come la lavorazione meccanica dei terreni agricoli e la scomparsa delle reti di drenaggio minute. Brath nota anche che i letti dei fiumi sono stati ristretti artificialmente, come in molte altre parti d'Italia.

Indipendentemente dalle cause del disastro, gli esperti sottolineano l’importanza di ridurre la vulnerabilità dei territori e migliorare la gestione delle emergenze. Barbara Lastoria dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) spiega che la direttiva europea sulle alluvioni, recepita dalla legge italiana, richiedeva di introdurre nei piani di gestione del rischio di alluvioni misure per migliorare la risposta all'emergenza, come sistemi di allerta e allagamenti controllati. Entrambi sono stati utilizzati in Emilia-Romagna.

Il Dipartimento della Protezione Civile si occupa di comunicare le allerte precoci alla popolazione in collaborazione con il servizio meteorologico nazionale. "Il secondo evento di pioggia è stato previsto con 48 ore di anticipo e questo ha fatto una grande differenza", dice Montanari.