Read in English

L’EEG, in combinazione con un compito di percezione visiva, ha permesso di studiare come i neuroni della parte visiva del cervello tengono traccia di immagini viste in precedenza. Credit: janiecbros/ E+/ Getty Images.

Le apparenze possono ingannare. Uno studio condotto alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste dimostra che la nostra capacità di elaborare le informazioni visive e produrre l'immagine di un oggetto è in parte condizionata dagli stimoli visivi incontrati immediatamente prima. Ad esempio, un oggetto può sembrarci più grande se ne abbiamo appena osservato uno grande1.

Gli autori hanno arruolato 63 volontari ai quali è stato chiesto di osservare in sequenza diversi insiemi di oggetti su uno schermo, come semplici punti bianchi e neri. Ai partecipanti veniva chiesto di valutare il numero di oggetti in ogni sequenza, le loro dimensioni e la durata della loro comparsa sullo schermo, che era dell'ordine di centinaia di millisecondi. Intanto i ricercatori eseguivano un elettroencefalogramma (EEG), per misurare l'attività elettrica del cervello.

I risultati mostrano che i partecipanti venivano condizionati da ciò che avevano appena visto: giudicavano alcuni insiemi come più numerosi, o composti da oggetti più grandi, quando le sequenze precedenti avevano queste proprietà. Inoltre, l'EEG ha mostrato che i neuroni della parte visiva del cervello rimanevano attivi e tenevano traccia delle immagini passate: più grandi erano queste tracce, maggiore era il bias percettivo nelle immagini visualizzate successivamente. Gli autori spiegano che, quando ci avviciniamo a una nuova scena visiva, il cervello non la costruisce da zero, ma confronta il nuovo stimolo con la traccia delle informazioni passate e costruisce una rappresentazione “intermedia". Questo processo sembra avvenire quando l'immagine inizia a prendere forma nella nostra mente, anziché più tardi, quando si formano i ricordi.

Sebbene preliminare, lo studio fornisce un ulteriore tassello utile a comprendere i meccanismi alla base della visione e dell'elaborazione sensoriale. In futuro, la ricerca in quest'area potrebbe anche aiutare a caratterizzare meglio condizioni come i disturbi dello spettro autistico e le allucinazioni visive. "Secondo un'ipotesi ancora da esplorare", spiega Michele Fornaciai, ricercatore della SISSA e coautore del lavoro, "alcune persone con disturbi dello spettro autistico potrebbero presentare un deficit nell'utilizzo delle informazioni pregresse, comprese quelle visive". Per chi soffre di allucinazioni il problema sarebbe opposto, spiega Fornaciai. "In questo caso l'ipotesi è che il cervello possa fare troppo affidamento su previsioni interne basate su percezioni visive passate".