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Due file di alberi circondano i binari del tram a Milano. Lo studio si è concentrato su Milano e Bologna per capire quali specie di alberi sono più utili in città altamente inquinate. Credit:Marco Bottigelli/ Moment/ Getty Images.

Gli alberi sono in grado di sequestrare il carbonio e gli inquinanti dall'aria, e identificare le specie più efficienti per questo ruolo è importante quando si pianificano le aree verdi nelle città. Un nuovo studio pubblicato su Atmosphere, basato sulle città italiane di Milano e Bologna, fornisce alcune indicazioni.

Lo studio1 è nato dalla collaborazione tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'Economia Agraria (CREA) e ARIANET, una società di consulenza sulla qualità dell'aria. Gli autori hanno utilizzato un modello chiamato AIRTREE, precedentemente sviluppato dal CNR e dal CREA per prevedere come le foglie degli alberi scambiano CO2 acqua, ozono e particelle fini con l'atmosfera, applicandolo per la prima volta a grandi aree urbane.

Gli autori hanno creato mappe della vegetazione delle due città, integrando le immagini a 10 metri di risoluzione dei satelliti Sentinel 2 dell'Agenzia Spaziale Europea con i censimenti del verde urbano forniti dai comuni di Milano e Bologna. "Di solito questi censimenti includono solo circa il 20% della vegetazione urbana, quindi non sono completi", spiega Ilaria Zappitelli, dottoranda del CREA e prima autrice dello studio. "Grazie all'integrazione di queste due fonti di dati, abbiamo ottenuto una migliore comprensione della copertura vegetale in questi comuni". Le mappe, insieme ai dati sulla qualità dell'aria, sono state poi inserite nel modello AIRTREE.

Inizialmente, i ricercatori hanno simulato il massimo livello di inquinamento possibile nelle due città, ipotizzando una totale assenza di alberi. Poi hanno calcolato la capacità di assorbimento delle varie specie arboree rispetto a inquinanti come anidride carbonica, particolato e biossido di azoto, scoprendo che quelle con il più alto assorbimento erano il bagolaro (Celtis australis), il platano comune (Platanus x acerifolia), l'olmo siberiano (Ulmus pumila) e la quercia rossa (Quercus rubra).

"Il contributo principale di questo lavoro è stato sottolineare l'importanza della specificità biometrica di ogni specie vegetale, in particolare il numero di foglie per metro quadro", afferma Silvano Fares, ricercatore del CNR e autore corrispondente dello studio. "Caratteristiche come la fotosintesi e la capacità di traspirazione della pianta sono state verificate in situ per ogni specie, al fine di ottenere dati più precisi".

Il modello può essere utilizzato per pianificare la riforestazione urbana, basandosi su dati specifici sul clima di ogni luogo e su come le diverse specie arboree interagiscono con esso. "Sarà reso disponibile a tutti attraverso uno strumento open-source, nell'ambito delle attività del nuovo National Biodiversity Future Center", spiega Fares.