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Cellule staminali neuronali umane viste con un microscopio a fluorescenza. Credit: Cell Applications Inc / Science Photo Library

Un gruppo di ricerca milanese ha dimostrato che le cellule staminali neurali possono essere somministrate a pazienti con sclerosi multipla progressiva senza tossicità o eventi avversi, un passo fondamentale verso un potenziale nuovo trattamento mirato a rallentare l'evoluzione della malattia. I risultati dello studio clinico di fase 1 sono apparsi su Nature Medicine1.

La sclerosi multipla è una patologia neurodegenerativa infiammatoria che colpisce circa 3 milioni di persone nel mondo. Emerge tipicamente nelle persone tra i 20 e i 30 anni di età. Le sue cause sono ancora sconosciute, ma gli esperti ritengono che fattori genetici e ambientali possano scatenare la malattia. Il sistema immunitario del paziente è indotto ad attaccare il cervello e il midollo spinale, causando infiammazione e distruggendo la guaina mielinica che circonda le fibre nervose, compromettendo la trasmissione dei segnali tra i neuroni.

Circa l'85% dei pazienti affetti da sclerosi multipla va incontro a episodi acuti di malattia autoimmune seguiti da un recupero parziale o totale, il cosiddetto decorso recidivante-remittente della malattia. Nella fase iniziale, i sintomi vanno e vengono, ma alla fine l'infiammazione può causare la degenerazione delle fibre nervose che porta all'invalidità permanente. In un numero minore di pazienti, la sclerosi multipla ha un decorso progressivo, con un graduale peggioramento dei sintomi e della disabilità.

Negli ultimi 20 anni sono stati sviluppati diversi farmaci per la sclerosi multipla recidivante-remittente. Si tratta di anticorpi monoclonali che agiscono sull'immunità e prevengono le riacutizzazioni. "Tuttavia, hanno scarsa efficacia sulla debole infiammazione persistente del sistema nervoso centrale che è tipica della condizione progressiva", spiega Gianvito Martino, direttore scientifico dell'IRCCS Ospedale San Raffaele, primo autore dello studio.

Martino e colleghi hanno utilizzato prima modelli animali per studiare il comportamento delle cellule staminali neurali trapiantate, che sono cellule indifferenziate in grado di generare diversi tipi di cellule nel sistema nervoso. Quando vengono infuse nel liquido cerebrospinale, raggiungono le aree danneggiate del cervello e del midollo spinale e secernono proteine che favoriscono l'autoriparazione della guaina mielinica e degli assoni, riducendo al contempo l'infiammazione.

Nel 2017 è stato quindi avviato uno studio clinico di fase 1 presso l'Ospedale San Raffaele, che ha coinvolto 12 pazienti con sclerosi multipla progressiva. Ognuno di loro ha ricevuto una singola somministrazione, tramite puntura lombare, di cellule staminali neurali derivate da un feto umano, in diverse concentrazioni per verificare se la tossicità sarebbe comparsa oltre una certa dose. "Abbiamo dimostrato la sicurezza e la tollerabilità del trattamento fino alla dose più alta", afferma Martino.

Inoltre, tre mesi dopo la somministrazione, i ricercatori hanno analizzato il liquido cerebrospinale dei pazienti e lo hanno trovato arricchito di proteine neuroprotettive e immunomodulanti. "Due anni dopo abbiamo scoperto che i pazienti trattati con la dose più alta avevano subito, con il progredire della malattia, una minore perdita di materia grigia e bianca rispetto ai pazienti trattati con la dose più bassa”, spiega Martino.

Per dimostrare l'efficacia del trattamento, il gruppo sta ora pianificando una sperimentazione clinica di fase 2, che dovrebbe iniziare tra un paio d'anni. Allo stesso tempo, sta esplorando la possibilità di utilizzare cellule staminali autologhe, ottenute dai tessuti del paziente. In questo modo, si potrebbe evitare al paziente l’assunzione di immunosoppressori necessari per prevenire il rigetto.