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Neutrofili visti attraverso un microscopio elettronico a trasmissione, ingranditi 10,000 volte. Credit: Segalen/Phanie/Alamy Stock Photo.

I neutrofili sono globuli bianchi che operano come prima linea di difesa immunitaria, il cui ruolo è stato a lungo trascurato dagli immunologi. Tuttavia, un recente studio dimostra che, modificando rapidamente la loro espressione genica in risposta a segnali chimici provenienti da altre cellule e da agenti patogeni, possono assumere molte funzioni diverse in tessuti diversi.

I ricercatori dell'IRCCS Ospedale San Raffaele hanno caratterizzato1 circa 20 diversi stati di attivazione genica, analizzando a livello di singola cellula più di 100.000 neutrofili provenienti da donatori sani, pazienti con infezioni virali, malati di cancro al pancreas e pazienti che avevano subito un trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Lo studio apre la strada all'uso dei neutrofili come biomarcatori o come strumenti per la terapia cellulare.

I neutrofili sono generati nel midollo osseo e hanno origine dalle cellule staminali ematopoietiche. Circolano nel flusso sanguigno, attraversano gli endoteli e penetrano nei tessuti. Quando un tessuto è sotto stress a causa di un danno o di un attacco patogeno, produce segnali chimici infiammatori che spingono il midollo osseo a rilasciare un maggior numero di neutrofili e guidano quelli maturi dal flusso sanguigno verso il sito danneggiato.

I neutrofili vivono tra le 7 e le 10 ore nella circolazione sanguigna, e pochi giorni nei tessuti. "A causa della loro breve durata di vita, sono stati tradizionalmente considerati rozzi e scarsamente plastici", afferma Renato Ostuni, che guida l'Unità di Genomica del Sistema Immunitario Innato del San Raffaele e autore senior dello studio. "Ora invece è diventato chiaro che la diversità funzionale sia il loro punto di forza". I neutrofili hanno forma rotonda quando si muovono nel flusso sanguigno, ma migrando nei tessuti assumono una forma simile a quelle delle amebe, con una sorta di pseudopodi. Hanno un arsenale specializzato per attaccare gli agenti patogeni: possono divorare quelli piccoli, rilasciare sostanze chimiche tossiche o inglobare quelli più grandi in una rete di fibre.

La capacità di mutare forma di queste cellule deriva dalla trascrizione dell'RNA di geni selezionati in risposta a segnali ambientali. I ricercatori hanno scoperto che i neutrofili dei pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche hanno una caratteristica risposta all'interferone, quelli dei pazienti COVID-19 attivano geni antivirali, mentre i neutrofili dei pazienti oncologici attivano una firma infiammatoria. "Ciò suggerisce che queste cellule promuovano la formazione del tumore nel cancro del pancreas", afferma Ostuni. Una precedente ricerca2, di cui Ostuni e colleghi sono coautori, ha rilevato che i neutrofili nel tessuto polmonare sano esprimono geni che promuovono l'angiogenesi e probabilmente hanno un ruolo anche nel metabolismo epatico sano.

"Finora abbiamo analizzato i neutrofili nel sangue, ma dobbiamo farlo in diversi tessuti umani, compresi i tumori", dice Ostuni. "Allora avremo informazioni sufficienti per utilizzare queste cellule come biomarcatori per la diagnosi precoce del cancro, ad esempio, o per la prognosi dopo il trapianto di cellule staminali".

L'obiettivo finale è quello di utilizzare i neutrofili per la terapia cellulare. Gli scienziati intendono raccogliere le cellule staminali ematopoietiche dal midollo osseo del paziente, differenziarle in neutrofili e indurre l'espressione genica su misura per far sì che raggiungano un tessuto specifico e svolgano un compito specifico. "Potrebbero essere ottimi proiettili intelligenti", conclude Ostuni.