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Gruppo di zebre a Mpumalanga, Sud Africa. Credit: Claudia Lothering/Getty Images.

Una delle grandi domande aperte per i biologi molecolari è quale sia l’esatto funzionamento dei centromeri, le regioni di DNA che tengono insieme i due rami dei cromosomi e che svolgono un ruolo chiave nella duplicazione cellulare. Ora uno studio sulle zebre di un gruppo dell'Università di Pavia porta nuove informazioni che dimostrano che i centromeri non hanno bisogno di assomigliare a quelli umani per svolgere la loro funzione.

Il team, guidato da Elena Giulotto e Solomon Nergadze, ha utilizzato i membri della famiglia Equus, come cavalli, asini e zebre, come organismi modello per studiare i cromosomi. Gli equidi sono un buon modello perché hanno un rapido tasso di evoluzione dei cromosomi e una struttura centromerica molto più semplice rispetto agli altri mammiferi. Il gruppo di Pavia aveva già scoperto che, a differenza degli esseri umani e di molte altre specie, alcuni cromosomi di cavalli e asini mancano di DNA satellite, costituito da brevi sequenze di DNA ripetute molte volte, nella loro regione centromerica.

Il nuovo studio, pubblicato su Molecular Biology and Evolution, aggiunge al quadro i cromosomi della zebra. Un'analisi molecolare delle cellule della pelle di due specie di zebre (Equus burchelli ed Equus grevyi) ha rivelato che la maggior parte dei loro cromosomi ha i centromeri al centro ed è priva di DNA satellite. Confrontando le zebre e i cavalli, considerati più vicini all'antenato di tutte le specie di equidi, i ricercatori hanno concluso che i cromosomi delle zebre sono derivati dalla fusione di versioni precedenti durante l'evoluzione. "Possiamo ipotizzare che le specie antenate avessero molti più cromosomi, tutti con i centromeri a un'estremità e con il DNA satellite", afferma Giulotto.

I ricercatori hanno anche descritto un nuovo meccanismo per la formazione di centromeri privi di DNA satellite. Quando due cromosomi si fondono (un fenomeno noto come fusione robertsoniana), la funzione centromerica si allontana da una regione di DNA satellite e si sposta in una nuova posizione libera da satelliti. I nuovi risultati confermano che altri fattori genetici ed epigenetici, oltre alla posizione e al DNA satellite, determinano la funzione del centromero.

"Questo gruppo sta apportando conoscenze rivoluzionarie al campo", afferma Terje Raudsepp, genetista della Texas A&M University, che non ha partecipato allo studio. "Stanno raggiungendo l'essenza della dinamica dei centromeri, individuando ciò che è importante dal punto di vista funzionale".

Nell'essere umano, le fusioni e i riarrangiamenti cromosomici possono contribuire al cancro e ad altre malattie. Confrontando i centromeri con e senza DNA satellite e comprendendo la biologia dei centromeri negli equidi, si possono ottenere informazioni sulle disfunzioni molecolari delle malattie umane. "Attualmente le nostre conoscenze si basano su poche specie e ci mancano importanti pezzi del puzzle", afferma Giulotto.

"Questo lavoro presenta un esperimento naturale intrapreso con l'evoluzione delle zebre, che amplia la nostra comprensione dei componenti che interagiscono per segregare il cromosoma", aggiunge Oliver Ryder, professore dell'Università della California a San Diego.