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L'edizione 2021 della Conferenza di Pontignano Conference, un evento annuale dedicato alla cooperazione bilaterale su scienza e innovazione tra Italia e Regno Unito, il 16 settembre 2021. Credit: British Embassy Rome.

Con le elezioni del 25 settembre alle porte, gli scienziati italiani hanno le loro preoccupazioni politiche. Ma stanno anche osservando con attenzione ciò che accade nel Regno Unito, dove l'imminente cambio di leadership da Boris Johnson a Liz Truss ha congelato sinora i negoziati con l'UE sull'affiliazione a Horizon Europe.

Per cominciare, ci sono molti italiani tra i 150 ricercatori con sede nel Regno Unito che sono stati recentemente informati dall'ufficio dell’ERC che potrebbero perdere le loro borse di studio se non si trasferiranno nell'Europa continentale, e alcuni di loro stanno considerando di tornare in Italia per mantenere la borsa.

Il Rapporto 2021 della Higher Education Statistics Agency (HESA), la fonte più affidabile di informazioni sul personale britannico dell'istruzione superiore, classifica l'Italia come il quinto partner di ricerca del Regno Unito. Il personale accademico italiano costituisce la più grande comunità straniera nel settore scientifico del Regno Unito e collabora con istituzioni italiane. Allo stesso modo, l'HESA riporta che l'Italia è tra le prime cinque destinazioni per gli studenti britannici che si recano all'estero per un periodo di formazione.

La Brexit aveva già provocato un esodo di scienziati dal Regno Unito, e parte di questo flusso si sta dirigendo verso l'Italia. Giulio Marini, docente presso l'Istituto di ricerca sociale dell'University College di Londra, ha seguito l'andamento del personale universitario negli ultimi anni. Dalle sue analisi dei dati HESA più recenti, emerge che, mentre il numero di personale italiano nelle università britanniche è aumentato di oltre il 41% negli anni prima della Brexit, la crescita è rallentata dopo il 2016, si è sostanzialmente arrestata a partire dal 2019/2020 e si prevede che in futuro la tendenza si inverta. Secondo le interviste condotte da Marini, la spiegazione più probabile è un senso di ostilità percepito nei confronti degli europei, e una mancanza di chiarezza sul futuro delle opportunità scientifiche del Paese. "Al momento del voto sulla Brexit, per uno scienziato italiano il Regno Unito era scientificamente ancora un luogo attraente", afferma Andrea Perna, che ha avviato il suo laboratorio alla Roehampton University nel 2016. Tuttavia, come molti altri, Perna sta considerando di tornare in Italia o in un altro Paese europeo. Anche il movimento di ricercatori con sede nel Regno Unito verso l'Italia ha registrato un calo del 21% negli anni successivi alla Brexit, in parte anche a causa della pandemia.

Collaborazioni bilaterali

Per compensare la possibile perdita di finanziamenti europei, il governo britannico sta lavorando attraverso le sue ambasciate nell'UE per attrarre partner europei. Di recente, l'ambasciata britannica a Roma ha lanciato il programma UK-IT BEST (Bilateral Exchange in Science and Innovation), uno studio volto a mappare l'attuale livello e le aree di collaborazione bilaterale, nonché i migliori meccanismi di supporto. Elisa Manacorda, che ha coordinato lo studio, spiega che la principale preoccupazione dei ricercatori italiani sono le conseguenze della Brexit sulle collaborazioni scientifiche e sui materiali di laboratorio, come evidenziato anche da un rapporto di Westminster sull'impatto della Brexit sui controlli doganali. C'è uno scetticismo generale sul fatto che gli sforzi per superare le difficoltà possano garantire la stessa qualità di ricerca vista in passato. "La quantità di documenti che dobbiamo compilare per i prodotti provenienti dal Regno Unito può scoraggiare facilmente", afferma Louise Gourlay, professore associato di biologia strutturale all'Università di Milano, che ha iniziato la sua carriera nel Regno Unito e poi ha deciso di trasferirsi in Italia. Lo studio BEST mostra anche che la maggior parte delle collaborazioni bilaterali coinvolge italiani che lavorano nei due Paesi. Nei mesi successivi, esperti italiani e britannici continueranno ad analizzare i risultati del progetto BEST e a suggerire modi per migliorare e rafforzare gli scambi bilaterali e multilaterali.

Boris Johnson accoglie Mario Draghi alla COP26 a Glasgow, nel novembre 2021. L'ultimo vertice sul clima è stato organizzato congiuntamente da Regno Unito e Italia. Credit: Simon Dawson / No 10 Downing Street (CC BY-NC-ND 2.0).

Molte iniziative sono in atto per consentire alla scienza italiana di mantenere i suoi legami e scambi con il Regno Unito. Nell'ottobre 2017 l'UK Science & Innovation Network (SIN) Italia ha organizzato la prima collaborazione bilaterale di ricerca di alto livello tra la Royal Society e il CNR. Le due istituzioni hanno poi firmato un accordo di cooperazione scientifica nel 2019. Da allora, ogni anno vengono pubblicati bandi per un massimo di cinque borse di studio assegnate a proposte congiunte italo-inglesi. "Dopo il voto sulla Brexit, abbiamo aumentato i nostri sforzi per far capire che il governo britannico vuole continuare a promuovere le collaborazioni scientifiche con l'Italia, stanziando fondi a riguardo", afferma Laura Nuccilli, responsabile degli affari scientifici della SIN.

Un orizzonte incerto

Il nodo principale, tuttavia, rimane la partecipazione del Regno Unito a Horizon Europe. Poco più di un anno fa, gli scienziati britannici avevano festeggiato un accordo che permetteva al Regno Unito di continuare a partecipare al programma di finanziamento della ricerca europea, del valore di 85 miliardi di euro. Tuttavia, il recente stallo sul protocollo per l'Irlanda del Nord ha comportato nuovi ritardi nell'adempimento dell'accordo e ha comportato il rischio che i ricercatori con sede nel Regno Unito non possano mantenere le loro sovvenzioni se rimangono nei territori britannici. A luglio, un editoriale di Nature esortava il prossimo primo ministro a fare della riapertura dei negoziati su Horizon Europe una priorità assoluta. Tutte le comunità scientifiche europee, compresi gli scienziati italiani e britannici che lavorano in entrambi i Paesi, seguono con attenzione la questione, afferma Paolo Radaelli, professore di fisica all'Università di Oxford e membro dell'AISUK, l'associazione italiana degli scienziati nel Regno Unito.

L'uscita del Regno Unito da Horizon Europe avrebbe implicazioni negative per gli scienziati italiani. I dati di Horizon 2020 mostrano che il numero di progetti guidati dall'Italia a cui partecipa il Regno Unito è quasi uguale al numero di progetti guidati dal Regno Unito a cui partecipa l'Italia. "Avere il Regno Unito come parte delle competizioni di finanziamento europee ha finora alzato il livello del gioco e ha aiutato altri Paesi dell'UE [come l'Italia] a prosperare", afferma David Burr, professore di Psicologia fisiologica all'Università di Firenze.

D'altra parte, l'Italia potrebbe anche beneficiare di questa incertezza. La Commissione europea ha già creato una "Riserva di aggiustamento per la Brexit" che ha assegnato finanziamenti a diversi Paesi dell'UE, con l'Italia seconda solo all'Irlanda per i finanziamenti ricevuti. Sempre i dati di Horizon 2020 mostrano la notevole capacità dell'Italia di attrarre finanziamenti europei, con 7.746 sovvenzioni firmate e 5,48 miliardi di euro di contributi netti. Se un concorrente forte come il Regno Unito dovesse uscire dalla contesa, questo potrebbe significare maggiori possibilità per le istituzioni italiane di attrarre finanziamenti da Horizon Europe e di guidare progetti.