Read in English

Fasi del controllo dei danni alla Basilica di San Bernardino, a L'Aquila, dopo il terremoto dell'Aprile del 2009. Credit: Anatoli Zhdanov/UPI Photo/Alamy.

È tema di discussione, tra i sismologi, se sia o meno possibile riconoscere quali piccoli terremoti sono in realtà scosse preliminari che precedono un evento più forte. Ora, un team italiano e tedesco ha rianalizzato l'attività sismica che precedette il terremoto di magnitudo 6.1 che ha colpito L'Aquila il 6 aprile 2009, uccidendo più di 300 persone, per verificare se l'ampiezza e l'energia delle piccole scosse di assestamento mostrassero schemi di attività diversi dalla normale sismicità di fondo che si registra nel corso di un anno.

Le loro conclusioni non suggeriscono che l'evento dell'aprile 2009 potesse essere previsto, ma identificano un nuovo parametro che potrebbe aiutare a studiare le sequenze sismiche, e potenzialmente a indicare che un forte terremoto è imminente.

"Il nostro problema più grande è che non saremo mai in grado di trovarci sulla sorgente di un terremoto quando colpisce", spiega l'autore principale, Matteo Picozzi, dell'Università di Napoli. Ma negli ultimi anni sono state sviluppate sofisticate reti che hanno migliorato la capacità degli scienziati di osservare i fenomeni della crosta terrestre, accedendo a grandi volumi di dati a livello europeo. "Per la sequenza de L'Aquila abbiamo il vantaggio di avere a disposizione un set di dati molto grande, a differenza degli studi precedenti, e di sapere già quale fosse la sismicità di fondo e quali i foreshocks", continua.

Utilizzando i dati aperti di RAMONES, una piattaforma online che estrae, analizza e memorizza i dati sui terremoti nell'Italia centrale, Picozzi e i suoi colleghi hanno studiato migliaia di piccoli terremoti (con magnitudo da 1.8 a 3.5) avvenuti nella zona dell'Aquila tra gennaio 2005 e dicembre 2009, sia prima che subito dopo la scossa principale. Si sono concentrati in particolare su due parametri: il momento sismico, che è essenzialmente una misura delle dimensioni di un terremoto, e l'energia irradiata, che misura le proprietà dinamiche e di attrito della rottura. Hanno introdotto un parametro di loro concezione, chiamato Energy Index (EI), che misura la relazione tra il momento sismico e l’energia irradiata, e come questa relazione cambia nel tempo. Hanno scoperto che per la settimana prima del terremoto del 6 aprile 2009 la misura di EI si discosta significativamente dalla sismicità di fondo, segnalando l'inizio della fase di attivazione della scossa principale.

Gli autori suggeriscono che in futuro EI potrebbe essere combinato con altri parametri per un monitoraggio quasi in tempo reale, per riconoscere le fasi preparatorie dei terremoti e migliorare le stime di pericolo.

"Diversi autori hanno studiato i modelli spaziali e temporali del terremoto dell'Aquila del 2009, ma lo studio di Picozzi e colleghi ha esaminato in modo nuove le caratteristiche sismologiche di una sequenza di foreshock ben definita prima del terremoto di magnitudo 6.1 ", commenta Zoe Mildon, un’esperta di dinamica dei terremoti all'Università di Plymouth. "Prima che EI possa essere considerato un metodo di monitoraggio per i grandi terremoti, sarebbe essenziale ripetere questo studio per sciami sismici o gruppi di microsismicità che non portano a scosse principali, e per le scosse principali che non hanno una sequenza di foreshock così chiaramente definita", aggiunge. "Una migliore comprensione dei possibili meccanismi fisici alla base di queste osservazioni sismologiche aiuterebbe a chiarire il legame causale tra foreshock e mainshock".