Read in English

CNAO - Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica, Pavia. Credit: AMELIE-BENOIST/BSIP/Alamy Stock Photo.

Uno dei maggiori problemi nella terapia adronica - in cui le cellule tumorali vengono bombardate con particelle cariche come i protoni - è come monitorare la radiazione che colpisce i tessuti sani intorno a un tumore. I protoni possono fornire energia a grandi profondità all'interno del corpo umano perché, a differenza dei raggi X usati nella radioterapia tradizionale, interagiscono debolmente con la pelle e i tessuti superficiali. Ma l'intensità e la direzione del fascio devono essere calibrate con precisione. Attualmente, i medici usano metodi computazionali basati sulle immagini ottenute sottoponendo il paziente a TC, ma un sensore all'interno del corpo sarebbe un'opzione migliore.

Un gruppo di ricerca coordinato da Beatrice Fraboni dell'Università di Bologna e Alberto Quaranta dell'Università di Trento ha progettato un sensore organico, sottile e flessibile che può servire a questo scopo. Il dispositivo, descritto su Science Advances1, ha uno spessore di 125 micrometri e copre una superficie di 5 per 6 millimetri. È costruito depositando uno strato di semiconduttore organico, basato sull'idrocarburo pentacene, su un substrato plastico flessibile, ed è dotato di due elettrodi d'oro alimentati con un campo elettrico a bassa intensità. Quando i protoni colpiscono il sensore, si generano cariche elettriche nel semiconduttore, che viaggiano verso gli elettrodi producendo una corrente la cui intensità varia in base all'energia rilasciata dai protoni.

Sfruttando i fasci ionici del laboratorio LABEC dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di Firenze, una sequenza di impulsi di protoni di diversa durata e intensità, con un'energia di 5 MeV, è stata diretta al sensore. "L'interazione tra il semiconduttore e il substrato plastico permette di misurare la dose assorbita dal dispositivo a ogni impulso, ma anche la dose totale dopo diversi impulsi", spiega Ilaria Fratelli, dottoranda dell'Università di Bologna, e prima autrice dello studio. Questo non è ovvio, perché a ogni impulso, la corrente nel semiconduttore sale e poi riscende fino a un valore di base più alto del precedente, il che potrebbe confondere la misura. Ma, accumulando carica, il substrato plastico "memorizza" ogni nuovo valore di base e ne tiene conto nella misura. Il rilevamento in tempo reale degli impulsi è utile per regolare il fascio prima di ogni seduta, mentre la misura della dose totale tiene traccia della radiazione ricevuta dal paziente durante l'intero trattamento.

"Il vantaggio di questo sensore è che imita la risposta del tessuto umano e non richiede una complessa procedura di calibrazione, a differenza dei dispositivi basati sul silicio", spiega Fraboni. La realizzazione di questi sensori non è costosa e non richiede tecnologie sofisticate, e quindi potrebbe essere facilmente scalata a livello industriale. Le dimensioni ridotte e il basso consumo di energia lo rendono interessante anche per proteggere gli astronauti dalle radiazioni durante le missioni di lunga durata.

"È un risultato molto promettente", dice Marco Durante, direttore del dipartimento di biofisica del GSI Helmholtz Centre for Heavy Ion Research di Darmstadt, che non è coinvolto nella ricerca. "Un sensore organico flessibile potrebbe essere posizionato in un pallone rettale per monitorare il trattamento del cancro alla prostata, o all'interno della cavità orale per controllare gli organi vitali a rischio quando si trattano i tumori della testa e del collo”. Durante suggerisce che un prossimo passo potrebbe essere quello di testare il sensore con protoni ad alta energia, fino a centinaia di MeV, come quelli utilizzati nella pratica clinica.