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Lo scopo principale degli arti protesici è offrire una gamma di movimenti quanto più possibile simili a un arto naturale.

Un gruppo di ricercatori italiani ha compiuto un passo avanti verso l’obiettivo di restituire la naturale funzionalità della mano a chi ha subito un’amputazione.

Secondo il team che l’ha sviluppata all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) Hannes, questa mano protesica, può ridare oltre il 90 per cento della funzionalità a persone cui è stato amputato un arto superiore. Questo livello di destrezza e di naturalezza nei movimenti della mano porta la tecnologia delle protesi in nuovi territori.

La mano Hannes usa l’elettromiografia (EMG) per ricevere gli input dal suo utilizzatore. Dei sensori applicati alla parte rimanente dell’arto amputato rilevano l’attività elettrica nei muscoli adiacenti, e la usano per controllare la protesi. Altri dispositivi già esistenti adottano questa strategia, ma i movimenti che riescono a guidare nelle mani protesiche sono molto limitati rispetto a quelli di una mano reale. Questi limiti inducono circa il 25 per cento degli utilizzatori a rinunciare, a un certo punto, all’uso della protesi.

In precedenza, diversi ricercatori avevano analizzato a fondo l’ampia varietà di movimenti e le differenti posture della mano usati per afferrare gli oggetti, e li avevano scomposti in pochi componenti principali. I ricercatori dell’IIT hanno lavorato a stretto contatto con i pazienti, gli ortopedici e i progettisti industriali per incorporare questa conoscenza nella nuova protesi.

“L’innovazione principale è il suo adattamento dinamico quando afferra gli oggetti, che dà ad Hannes un aspetto naturale e la rende efficace in molte attività quotidiane”, spiega Matteo Laffranchi, autore principale dell’articolo e coordinatore della ricerca e sviluppo al laboratorio Rehab Technologies dell’IIT. Le protesi esistenti che provano a fare la stessa cosa, prosegue, usano sistemi di controllo che causano ritardi innaturali e una scarsa capacità di afferrare oggetti.

Laffranchi attribuisce l’efficacia di Hannes a due tecnologie decisive. La prima è un meccanismo innovativo che le permette di adattarsi rapidamente alla forma di un oggetto; la seconda è l’uso di un nuovo ingranaggio che trasmette il movimento a ciascun dito in modo personalizzato in base alle caratteristiche di ciascun individuo.

I test svolti con i soggetti amputati hanno rivelato un controllo delle dita fluido e rapido, con una forte capacità di presa, sufficiente per adoperare utensili, oltre che per svolgere i normali compiti della vita quotidiana.

“Il team di Hannes ha fatto un lavoro fantastico creando un processo di sviluppo dove il paziente è al centro della ricerca. Questo ha permesso loro di apportare diversi miglioramenti indispensabili”, aggiunge Claudio Castellini, leader dell’Adaptive Bio-Interfaces Team all’Istituto di Robotica e Meccatronica dell’Agenzia Aerospaziale Tedesca.

“Gli utilizzatori hanno apprezzato l’efficacia, la facilità d’uso e l’estetica di Hannes”, commenta Laffranchi. “Uno dei partecipanti allo studio ci ha esortati a commercializzarla al più presto, perché vuole acquistarla per sostituire la sua protesi attuale”.

Vi sono ancora margini di miglioramento, però. “Nella sua versione attuale il dispositivo può afferrare in tre modi diversi. Per ampliare la gamma di prese eseguibili dalla protesi, stiamo lavorando a una versione migliorata, con più attuatori”, precisa Laffranchi.

I ricercatori stanno cercando investitori e collaboratori industriali per rendere Hannes disponibile a un prezzo competitivo.