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Credit: damircudic/ E+/ Getty Images.

Il ritmo e la melodia del linguaggio che il feto ascolta nel grembo materno modulano i meccanismi cerebrali e lo predispongono a riconoscere e apprendere con più facilità la sua lingua natale, secondo uno studio guidato dal Neuroscience Center dell’Università di Padova e pubblicato su Science Advances1. I ricercatori hanno misurato l’attività neuronale dei neonati mediante elettroencefalografia (EEG) per indagare sull’origine della loro straordinaria abilità di acquisire rapidamente il linguaggio.

Gli scienziati hanno discusso a lungo se il cervello umano sia dotato di un meccanismo innato di apprendimento specifico per la lingua, oppure se i bambini imparino così rapidamente solo in virtù dell’esposizione alla parola. Di certo l’evoluzione ha conferito al nostro cervello la capacità innata di riconoscere schemi regolari nelle informazioni che riceve dai sensi. Inoltre, è stato recentemente dimostrato che i feti hanno un apparato uditivo già funzionante tra la 24° e la 28° settimana di gravidanza. Poiché il corpo della madre filtra le frequenze più alte del segnale vocale percepito nel grembo, i feti non sono in grado di ascoltare i singoli suoni o le parole, solo la melodia e il ritmo del parlato.

“L’ipotesi alla base della nostra ricerca è che l’esposizione alla melodia e al ritmo della lingua materna prima della nascita moduli gli schemi oscillatori del cervello e predisponga i feti a imparare in modo efficiente, una volta che sono nati, il linguaggio ascoltato in gravidanza”, dice Judit Gervain, professoressa di psicologia dello sviluppo all’Università di Padova e autrice senior dello studio.

I ricercatori hanno selezionato un gruppo di bambini di età compresa tra 1 e 5 giorni, nati da donne di lingua madre francese, e hanno registrato la loro attività cerebrale mentre ascoltavano brani pronunciati in tre diverse lingue: francese, spagnolo e inglese. Oltre alla loro risposta alle tre lingue, è stata misurata anche l’attività cerebrale dopo la stimolazione vocale. I risultati hanno dimostrato che il francese, al contrario di spagnolo e inglese, lingue per loro sconosciute, ha indotto una reazione più lunga e complessa dopo il termine della stimolazione, segno di un processo di apprendimento in corso. “L’effetto è stato molto specifico: la reazione al francese è stata diversa in modo significativo dalla reazione all’inglese, ma anche allo spagnolo, che pure ha una prosodia simile a quella del francese”, dice Gervain.

Ora il gruppo di ricerca sta espandendo lo studio, analizzando l’attività neuronale di neonati pretermine, che hanno avuto meno tempo nel grembo per ascoltare la voce materna, e neonati con difetti uditivi.