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La centrale nucleare "Enrico Ferrmi" a Trino Vercellese, attiva dal 1964 al 1990. Credit: Gregorio Ferraris/ iStockphoto/ Getty Images.

Il governo italiano punta a reintrodurre l'energia nucleare nel Paese, secondo quanto annunciato dal ministro dell'Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, che ha convocato per il 21 settembre un incontro degli operatori del settore energetico e della ricerca sul nucleare.

Il programma nucleare italiano iniziò negli anni '60 e si interruppe bruscamente alla fine degli anni '80, dopo l'esplosione del reattore di Chernobyl nell’allora Unione Sovietica. Nel 1987, gli italiani votarono a stragrande maggioranza in un referendum contro la prosecuzione del programma, e i tentativi di riavviarlo furono bloccati da un altro referendum nel 2011.

Pichetto Fratin non ha dato ulteriori dettagli su obiettivi e budget per la nuova "Piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile", spiegando in un comunicato che "costituirà il soggetto di raccordo e coordinamento tra tutti i diversi attori nazionali che a vario titolo si occupano di energia nucleare" e che sarà coordinata dal suo ministero, dall'ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) e da RSE (Ricerca sul sistema energetico), un'agenzia di ricerca controllata dal Ministero delle Finanze. Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha detto di sperare che la prima produzione di energia nucleare in Italia possa avvenire entro un decennio.

Tuttavia, diversi esperti affermano che il tempo necessario per riavviare un programma nucleare sarebbe più lungo, e alcuni dubitano che sia fattibile o auspicabile.

"La costruzione di un impianto di ultima generazione richiede dai sette ai dieci anni", afferma Alessandro Dodaro, direttore del dipartimento nucleare dell'ENEA. "Ma in un paese dove il nucleare è assente e non accettato, servono almeno cinque anni in più per informare la gente e farle capire i vantaggi".

Anche trovare siti per costruire nuovi reattori sarà una sfida. Quando nel 2021 fu reso noto un elenco di potenziali siti per un deposito unico nazionale per le scorie nucleari, nessuno dei 67 comuni coinvolti diede disponibilità a ospitarlo. I rifiuti italiani provenienti da impianti nucleari e applicazioni mediche sono attualmente stoccati in diversi siti.

La nuova piattaforma dovrà anche decidere se adottare la tecnologia esistente (i cosiddetti reattori nucleari di terza generazione) o puntare su quella futura (di quarta generazione), sottolinea Dodaro.

L'azienda torinese Newcleo, ad esempio, sta sviluppando un nuovo concetto di reattore che utilizza il piombo al posto dell'acqua, come moderatore di neutroni e per la refrigerazione dell'impianto. Questi reattori di quarta generazione si baserebbero sull'isotopo più comune dell'uranio (U238) e riciclerebbero la maggior parte delle loro scorie.

Dodaro afferma che l'ENEA collabora con l'azienda e che un primo prototipo funzionante dell'impianto di Newcleo è previsto non prima di 12 anni. Ritiene che l'Italia dovrebbe puntare su questo. "Una prospettiva di 15 anni ci permetterebbe di passare direttamente ai reattori più all’avanguardia", afferma.

L'Italia ha ancora competenze sul nucleare, secondo Ezio Previtali, direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, invitato alla riunione di settembre in rappresentanza dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). "Molte aziende hanno continuato a lavorare per clienti stranieri anche dopo l'uscita dell'Italia dal programma, e le università hanno continuato a formare ingegneri nucleari".

Previtali e Dodaro concordano sulla necessità di produrre energia nucleare in Italia per soddisfare la quota di domanda di elettricità che non può dipendere dalle fluttuazioni delle fonti rinnovabili.

Altri invece mettono in discussione la strategia. "Il tempo è un fattore chiave nella transizione energetica", afferma Nicola Armaroli, analista energetico del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). "Non abbiamo tempo per aspettare il nucleare tra 20 anni. Per quella data dovremo aver completato la decarbonizzazione del settore elettrico, e le rinnovabili sono meno costose, più socialmente accettabili e più fattibili".