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La preparazione di un test genetico automatizzato in laboratorio. Credit: Tek Image/SPL/Getty Images.

Un neonato su un milione eredita un gene difettoso, alla base di una patologia potenzialmente mortale chiamata sindrome di Crigler-Najjar. È causata dalla mancanza totale di un enzima necessario al fegato per eliminare la bilirubina, un prodotto di scarto della degradazione dei globuli rossi. Nelle persone che non hanno questo enzima, chiamato UDP Glucuronosiltransferasi 1A1, il fegato non riesce a eliminare la bilirubina, che si accumula nel sangue causando ittero fino a provocare danni cerebrali e morte.

Per contenere la malattia ed evitarne la progressione, questi pazienti devono essere esposti per più di sei ore al giorno a specifiche frequenze luminose che disgregano la molecola passando attraverso la pelle, e l'unica vera cura è un trapianto di fegato.

Un consorzio di ricerca europeo guidato da Lorenzo D'Antiga, dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, ha trattato cinque pazienti con una singola infusione endovenosa di vettori virali che portano una copia funzionale del gene alle cellule epatiche difettose. "Il gene correttivo non viene integrato nei cromosomi della cellula bersaglio, ma lavora fianco a fianco con essi, evitando così il rischio di indurre accidentalmente una mutazione maligna", spiega D'Antiga.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine1. Non sono stati segnalati eventi avversi gravi. Due pazienti hanno ricevuto una dose più bassa di vettori virali e hanno mostrato una temporanea diminuzione della concentrazione di bilirubina. I tre che hanno ricevuto una dose più alta hanno sospeso la fototerapia 16 settimane dopo l'infusione e avevano ancora un livello non tossico di bilirubina ben 80 settimane dopo l'infusione. "Questo approccio ha il potenziale per essere una svolta epocale per i pazienti affetti da Crigler-Najjar, evitando loro i rischi e le conseguenze del trapianto di fegato. Potrebbe essere applicato anche ad altre patologie genetiche del fegato", afferma D'Antiga. "Al momento stiamo cercando fondi per espandere la sperimentazione".