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Un pescatore tiene in mano un esemplare di granchio blu nella laguna di Scardovari, a sud di Venezia, l'11 agosto 2023. Il granchio, originario della cosa del Nord Atlantico, si è diffuso nel Mediterraneo nel corso di anni e sta attualmente causando una crisi in alcune aree costiere dell'Italia. Credit: Piero Cruciatti/AFP via Getty Images.

Il Mare Adriatico settentrionale è stato invaso da Callinectes Sapidus, una specie di granchio blu originaria della costa orientale degli Stati Uniti. Si tratta di una specie adattabile che si riproduce molto rapidamente e che sta minacciando l'industria delle vongole del delta del fiume Po, in Veneto e in Emilia-Romagna, che normalmente produce circa 15.000 tonnellate di vongole all'anno.

Il governo italiano ha stanziato quasi 3 milioni di euro per sostenere le imprese nella cattura e nello smaltimento del granchio blu, autorizzando inoltre la pesca del maggior numero di individui. Ma è improbabile che questo porti all’eradicazione della specie.

Nature Italy ha parlato con esperti italiani e tunisini, che in passato hanno affrontato un'invasione di granchi blu, per capirne l'impatto.

Quando e come è arrivata la nuova specie?

Callinectes Sapidus, un crostaceo dell'ordine dei decapodi che comprende anche aragoste, gamberi, scampi e gamberetti, fu osservato per la prima volta nel Mar Mediterraneo nel 1949, probabilmente trasportato dalle acque di zavorra delle navi transoceaniche.

Ha iniziato a diffondersi nella parte settentrionale del Mediterraneo, occupando soprattutto le aree lagunari per la loro salinità e disponibilità di cibo. "La colonizzazione ha richiesto tempo, è un processo lento", spiega Gianluca Sarà, ecologo marino dell'Università di Palermo. Prima di invadere il Delta del Po, i granchi blu atlantici sono stati avvistati in altre località italiane. Popolazioni stabili furono individuate per la prima volta nel 2014 nella laguna di Lesina e Varano, in Puglia.

Un'altra specie di granchio blu, originaria del Mar Rosso e del Golfo Persico e chiamata Portunus Segnis, fu individuata per la prima volta in Egitto alla fine del 19esimo secolo, dove probabilmente era arrivata attraverso il Canale di Suez. Nel 2015 ha invaso il Golfo di Gabes, nel sud della Tunisia. "I pescatori scaricavano centinaia di tonnellate di granchi blu", racconta Jamila Ben Souissi, esperta di biodiversità mediterranea all'Università di Tunisi. "Nelle loro reti non rimaneva quasi nulla, a parte i granchi e pesci danneggiati che non potevano essere venduti", ricorda.

Fino a poco tempo fa le due specie di granchi vivevano separate. "Callinectes Sapidus è più tollerante alle acque fredde, mentre Portunus Segnis è abituato a quelle più calde", spiega Sarà. Ora, però, secondo Ben Souissi, stanno iniziando a coesistere in numero considerevole nelle isole Kerkennah, nel Golfo di Gabes. "Stiamo avviando degli studi per capire se una specie prevarrà sull'altra".

L'invasione del granchio blu è legata al cambiamento climatico?

Il team di Sarà ha misurato il tasso di consumo di ossigeno di Callinectes Sapidus a diverse temperature e ha scoperto che, anche se può resistere a temperature fino a 40°C, il suo metabolismo è ottimale a circa 24°C. "Le acque del Mediterraneo si stanno riscaldando a causa del cambiamento climatico e il numero di giorni e luoghi in cui la temperatura si avvicina a quella ottimale sta aumentando e si sta spostando verso nord", afferma Sarà che ritiene che questo abbia contribuito allo spostamento del granchio verso l'Adriatico settentrionale.

"Ma ci sono anche fattori locali in gioco", commenta. "La siccità che ha colpito il fiume Po nel 2022 ha portato a un'espansione dell'acqua salata [nel Delta], che potrebbe aver favorito lo spostamento delle femmine verso il mare, dove le uova si schiudono più facilmente".

Ben Souissi ritiene che il cambiamento climatico sia un fattore aggravante, ma non il più importante, osservando che l'invasione del granchio blu è avvenuta in Tunisia, ma non in Libia. "Il degrado dell'ecosistema dei mari tunisini, causato da inquinamento, pesca eccessiva e pesca illegale, ha favorito la specie, mentre in Libia l'ecosistema marino è più sano".

Dovremmo uccidere i granchi blu o imparare a convivere con loro?

Un team guidato da Lucrezia Cilenti, dell'Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha collaborato con le autorità regionali e le associazioni di pescatori per sviluppare una strategia di gestione nelle lagune di Lesina e Varano. "Per controllare l'espansione, si dovrebbero pescare preferibilmente le femmine, che si trovano soprattutto nei canali che collegano la laguna al mare, poiché preferiscono acque più saline rispetto ai maschi", spiega l'esperta.

Per l'Adriatico settentrionale, Sarà suggerisce l'uso di modelli predittivi per identificare i siti vulnerabili e raccogliere dati per tutto l'anno per evitare un'altra invasione la prossima estate. "Sapevamo che i granchi blu stavano crescendo di numero e non abbiamo fatto nulla", afferma. "Non ripetiamo lo stesso errore".

Tuttavia, la promozione del consumo di granchi blu potrebbe dare vita a una nuova industria. Nel 2015, il governo tunisino ha stanziato fondi per incrementare le esportazioni di granchio del Mar Rosso e oggi ci sono circa 50 impianti di lavorazione che servono i mercati internazionali. "L'anno scorso l'impianto più grande ha esportato 5.200 tonnellate di granchio blu e dà lavoro a migliaia di persone", spiega Ben Souissi. "All'inizio i pescatori volevano che questa specie scomparisse, ma ora chiedono alle autorità una regolamentazione per proteggerla".

Quali saranno gli impatti a lungo termine sugli ecosistemi?

A parte i danni immediati alla pesca e all'allevamento di vongole, l'impatto dell'invasione del granchio blu nel Mediterraneo è difficile da misurare. Sarà e il suo team stanno per pubblicare due studi sugli effetti dei granchi sui sedimenti e sulla perdita di biodiversità. "Potrebbero aumentare la torbidità dell'acqua, diminuendo la luce che filtra sul fondale marino, con conseguente impatto sulle specie fotosintetiche come alghe e fanerogame", spiega Sarà, che raccomanda ulteriori studi sulle possibili evoluzioni a medio e lungo termine.