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La carne coltivata in laboratorio potrebbe ridurre l'impatto ambientale della produzione alimentare e garantire disponibilità e sicurezza del cibo, secondo i ricercatori. Credit: tilialucida / Alamy Stock Photo.

Il Governo italiano ha approvato un disegno di legge che vieta la produzione e la commercializzazione di carne coltivata per il consumo umano e animale. Secondo il governo il disegno di legge mira a preservare il patrimonio alimentare e culinario italiano, tutelare la salute umana e l'industria agroalimentare nazionale, e fa seguito a una petizione lanciata da Coldiretti contro i "cibi sintetici" che ha raccolto quasi mezzo milione di firme.

La carne coltivata si ottiene prelevando cellule adipose e muscolari da animali vivi e facendole crescere e differenziare in un brodo nutritivo all’interno di un bioreattore. I ricercatori utilizzano poi supporti 3D o tecniche di bioprinting per imitare la consistenza di vari tagli di carne. Il primo prodotto a base di carne coltivata, un hamburger, è stato presentato nel 2013 da ricercatori dei Paesi Bassi. Da allora, la carne coltivata è considerata uno strumento promettente per ridurre l'impatto ambientale della produzione di carne convenzionale e migliorare la sicurezza alimentare.

Nel 2020 Singapore è stato il primo Paese ad autorizzare la commercializzazione di crocchette di pollo coltivate, mentre la Food and Drug Administration negli Stati Uniti ha pre-approvato due prodotti simili. Tuttavia, i prodotti a base di carne coltivata non sono ancora autorizzati nell'Unione Europea. L'EFSA, l'agenzia europea per la sicurezza alimentare con sede a Parma, non ha ancora ricevuto richieste in questo senso. In base alle norme sul libero scambio dell'UE, il disegno di legge italiano non potrebbe impedire l'importazione di carne coltivata da altre parti d'Europa, qualora venisse approvata dall'EFSA.

Secondo gli scienziati, il disegno di legge, che ora deve essere ratificato dal Parlamento, potrebbe avere un impatto negativo sulla ricerca e sull'innovazione in Italia. Attualmente esiste una sola start-up italiana nel settore, Bruno Cell, fondata da un imprenditore per finanziare le attività di due laboratori dell'Università di Trento, dedicati alla medicina rigenerativa dei tessuti muscolari e alla biologia delle cellule staminali, guidati rispettivamente da Stefano Biressi e Luciano Conti. Biressi sostiene che il disegno di legge scoraggerà gli investitori privati, danneggiando soprattutto le piccole e medie imprese italiane. Dubita, ad esempio, che il fondatore di Bruno Cell avrebbe appoggiato il progetto se all'epoca fosse stata in vigore una normativa di questo tipo.

Alessandro Bertero, biotecnologo dell'Università di Torino, condivide le preoccupazioni di Biressi. Bertero ha conseguito il dottorato di ricerca all'Università di Cambridge e, dopo un postdoc negli Stati Uniti, è tornato in Italia e ha fondato il suo laboratorio per studiare lo sviluppo del tessuto cardiaco a partire da cellule staminali pluripotenti indotte.

"Gli investimenti privati nelle start-up di carne coltivata stanno rallentando, soprattutto negli Stati Uniti", spiega Bertero. "I primi esperimenti hanno chiarito che sono ancora necessari diversi progressi per arrivare a produzione su grande scala in modo che la carne coltivata possa diventare un'alternativa credibile alla carne convenzionale". Bertero ritiene che solo i governi possano assumersi il rischio di sostenere questi progressi tecnologici. "Non basterà adattare gradualmente le tecniche prese in prestito dalla medicina rigenerativa, dovremo reinventare interi processi".

L'Unione Europea sta dedicando nuovi fondi alla carne coltivata, attraverso bandi dedicati nel suo nuovo programma quadro di ricerca e innovazione Horizon Europe. "La carne coltivata fa parte della strategia Farm to Fork dell'UE e del Green Deal, il piano per rendere l’economia dell'Unione neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050", spiega Chiara Nitride, ricercatrice in tecnologie di produzione alimentare presso l'Università Federico II di Napoli. Nitride fa parte del progetto europeo GIANT LEAPS, lanciato di recente e incentrato sulle proteine alternative. "Il mio gruppo contribuirà allo sviluppo di nuove tecniche in vitro per valutare la sicurezza e i valori nutrizionali dei nuovi alimenti", spiega Nitride, con l'obiettivo di aiutare le aziende e le agenzie di regolamentazione a generare e valutare i dati che saranno necessari per approvare i nuovi alimenti.

"Da un punto di vista nutrizionale, la carne coltivata potrebbe essere più adatta rispetto alle alternative a base vegetale a sostituire la carne convenzionale nella nostra dieta ", afferma Nitride. Potrebbe anche essere più sicura della sua controparte convenzionale, riducendo la necessità di antibiotici, anche se sarà necessaria una valutazione approfondita della sicurezza. Nitride spera che i ricercatori italiani possano continuare le loro attività grazie ai fondi europei.

Pierdomenico Perata, professore di biologia vegetale alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, è meno ottimista. A suo avviso, il nuovo disegno di legge è analogo al divieto di coltivazione degli OGM imposto dall'UE 20 anni fa, quando l'Italia vietò anche la sperimentazione in campo aperto di tali colture. "La ricerca sugli OGM non esiste più in Italia, mentre continuiamo a importare ogni anno milioni di tonnellate di soia geneticamente modificata per produrre mangimi".

Secondo Perata, il divieto della carne coltivata potrebbe essere ancora più dirompente perché colpisce un campo di ricerca meno maturo. "Stiamo abbandonando non solo l'innovazione, ma anche la possibilità di avere gli strumenti per prende