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Rappresentazione artistica di una fusione tra un buco nero a una stella di neutroni. Credit: Carl Knox, OzGrav -Swinburne University.

Le onde gravitazionali sono notoriamente difficili da osservare - ci sono voluti 50 anni dai primi prototipi di rivelatori a una effettiva detection nel 2015. Ma due onde che nel gennaio 2020 hanno colpito gli osservatori gravitazionali in Italia e negli Stati Uniti si sono dimostrate persino più difficili della media. Gli scienziati hanno trascorso quasi 18 mesi, più a lungo che per la maggior parte delle rilevazioni precedenti, analizzando e ri-analizzando i dati, prima di annunciare che i segnali erano davvero quello che sembravano: increspature nello spazio tempo causate da buchi neri che inghiottono stelle di neutroni.

"Era un evento che non avevamo mai osservato prima, e la differenza di massa tra gli oggetti coinvolti era tra le più alte che avessimo mai visto. Abbiamo dovuto fare del lavoro extra sui modelli necessari per interpretare la fisica di questi eventi", dice Walter Del Pozzo, un fisico dell'Università di Pisa e dell'osservatorio gravitazionale VIRGO di Cascina, vicino a Pisa.

Buchi neri e stelle di neutroni sono entrambi oggetti estremamente densi che risultano dal collasso di una stella. Mentre la gravità dei buchi neri è così forte che nessuna radiazione può sfuggire, le stelle di neutroni emettono onde elettromagnetiche. Nessun osservatorio, di nessun tipo, li aveva mai visti orbitare le une intorno agli altri o scontrarsi. Ora che uno di questi eventi è stato confermato, gli scienziati si aspettano di vederne molti altri quando i rivelatori gravitazionali aumenteranno la loro sensibilità con una serie di aggiornamenti nei prossimi anni.

Ad oggi vi sono tre di questi rivelatori. La collaborazione italo-francese EGO gestisce VIRGO, mentre l'osservatorio LIGO ha due rivelatori gemelli negli Stati Uniti - uno a Livingston, Louisiana, e l'altro a Hartford, Washington. I tre rivelatori lavorano come uno solo, condividendo i dati e collaborando alla loro analisi. Un quarto rivelatore in Giappone, KAGRA, è in fase di sviluppo e aggiungerà i suoi dati tra qualche anno, ma i suoi ricercatori partecipano già al lavoro scientifico.

Finora, questi rivelatori avevano osservato fusioni o tra due buchi neri o tra due stelle di neutroni, e gli astrofisici erano impazienti di vedere anche la terza combinazione possibile. "C'erano pochi dubbi sull'esistenza di sistemi binari composti da un buco nero e una stella di neutroni", dice Michela Mapelli, astrofisica dell'Università di Padova e dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, che lavora con VIRGO. "Ma una parte della comunità era scettica sul fatto che potessero davvero fondersi". Perché questo accada, dice Mapelli, i due oggetti devono orbitare molto vicini l'uno all'altro, resistendo alla spinta dell'esplosione della supernova da cui ha origine la stella di neutroni, che tende ad allontanarli.

Due campagne di osservazione congiunta di LIGO e VIRGO tra il 2015 e il 2019 sono passate senza vedere una fusione di questo tipo. Due eventi ci sono andati vicino, ad aprile e di nuovo ad agosto del 2019, ma i segnali non erano abbastanza puliti. Poi il 5 gennaio 2020, durante la terza campagna di osservazione, un segnale è arrivato a Livingston e Cascina (il rilevatore di Hartford era spento quel giorno), e riconosciuto come una potenziale fusione tra buchi neri e stelle di neutroni dai protocolli software che elaborano i dati in tempo reale. "Abbiamo un catalogo di forme d'onda precalcolate che ci dicono che tipo di onda aspettarsi da vari eventi astrofisici" dice Dal Pozzo. Solo dieci giorni dopo, il 15 gennaio 2020, è successo di nuovo, questa volta con tutti e tre i rivelatori in funzione.

Gli scienziati si sono poi imbarcati in un'analisi minuziosa, secondo per secondo, di ciò che stava accadendo al rivelatore prima e dopo l'evento, per assicurarsi che le onde non fossero artefatti. "I nostri segnali sono immersi nel rumore" dice Giancarlo Cella dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che coordina l'analisi dei dati al VIRGO. "Possiamo modellare il rumore fino a un certo punto, ma ci sono spesso rumori particolari che eludono spiegazioni semplici". Qualsiasi cosa, dall'attività sismica a un minimo disturbo dell'apparato laser, deve essere preso in considerazione. Una volta isolato il segnale reale, gli scienziati hanno dovuto passare in rassegna l'intera lista delle possibili fonti di onde gravitazionali, simulando varie versioni di esse e calcolando la probabilità che avessero generato quelle particolari onde.

Alla fine, in uno studio ora pubblicato su The Astrophysical Journal Letters1, hanno escluso le altre spiegazioni e stimato che l'evento del 5 gennaio sia stato causato dalla collisione di un buco nero e una stella di neutroni, rispettivamente 8,9 volte e 1,9 volte la massa del nostro Sole. Gli oggetti coinvolti nell'evento del 15 gennaio erano leggermente più piccoli, 5,7 masse solari per il buco nero e 1,5 per la stella di neutroni. Entrambi gli eventi sono avvenuti tra 900 milioni di anni e 1 miliardo di anni fa.

Gli scienziati avevano sperato di ottenere più informazioni associando un'emissione elettromagnetica, in raggi X o raggi gamma per esempio, alle onde gravitazionali. Ma, nonostante un avviso inviato agli osservatori terrestri e spaziali subito dopo l'evento del 15 gennaio, non è emerso nulla. Forse la stella di neutroni è scomparsa nel buco nero così rapidamente che non c'è stato il tempo per la sua materia di produrre un'esplosione visibile, o forse gli astronomi stavano semplicemente cercando un ago in un pagliaio. "Cercavamo in un porzione di cielo così grande", nota Mapelli, "che sarebbe stato sorprendente trovare qualcosa".

Modelli statistici su misura, e molta potenza di calcolo, hanno anche permesso di stimare quanto spesso i buchi neri e le stelle di neutroni si fondono. Relativamente spesso, pare: tra 5 e 15 volte all'anno entro 1 miliardo di anni luce dalla Terra. Questo non fa chiarezza su come si formino le coppie buco nero/neutrone, che rimane una questione aperta. Ma significa che un aumento della sensibilità dovrebbe presto rendere queste rilevazioni più frequenti.

Cella spiega che VIRGO raddoppierà la sua sensibilità per la prossima campagna di presa dati, che potrebbe iniziare nella seconda metà del 2022. Questo si tradurrà in un aumento di circa otto volte del volume della porzione di Universo esplorata. Poi la sensibilità raddoppierà di nuovo per la quinta campagna, più avanti nel decennio.

Un maggior numero di fusioni rilevate significherà una marea di nuove informazioni per gli astrofisici. "Per esempio, saremo in grado di studiare un misterioso gap di massa che osserviamo per gli oggetti compatti", dice Mapelli. Sembrano esserci pochissimi oggetti compatti tra 2 e 5 masse solari, spiega, e non è chiaro se possano esistere o meno. "Esplorare questo gap sarà una benedizione per i modelli di formazione dei buchi neri e delle stelle di neutroni", aggiunge Mapelli. Una migliore sensibilità alle onde gravitazionali ad alta frequenza sarà anche fondamentale, dice Cella. "Ci permetterà di vedere la fase finale di deformazione della stella di neutroni mentre cade nel buco nero, e questo ci darà informazioni sullo stato della materia al suo interno", spiega.

Un miglior rapporto segnale/rumore - e un rivelatore in più in Giappone, quando KAGRA inizierà a prendere dati - permetterà anche di restringere la regione del cielo dove altri osservatori potrebbero trovare controparti elettromagnetiche. O non trovarli, che sarebbe altrettanto interessante. "Se continuiamo a non vedere segnali elettromagnetici per le fusioni tra buchi neri e stelle di neutroni, anche con i rilevatori più sensibili, le escluderemo come sorgenti di brevi lampi gamma, lasciando solo le fusioni di stelle di neutroni" dice Mapelli. I GRB brevi sono intensi segnali elettromagnetici, della durata di meno di due secondi, la cui origine è ancora dibattuta.

LIGO e VIRGO raggiungeranno i loro limiti strutturali con la loro quinta campagna di osservazione, ma gli scienziati stanno già pianificando il prossimo salto di sensibilità. Coincidenza ha voluto che, proprio il giorno dopo la pubblicazione della nuova detection, la Commissione Europea abbia annunciato l'aggiunta del Telescopio Einstein, un osservatorio gravitazionale più grande e molto più sensibile progettato per sostituire quelli attuali a metà degli anni 2030, ad una lista di future infrastrutture di ricerca che intende sostenere. Si stanno valutando due possibili siti, uno nella regione di confine tra Belgio, Germania e Paesi Bassi, e l'altro vicino a Lula, nella Sardegna nord-orientale. La decisione dovrebbe arrivare nel 2024.