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Ivan Vdovin / Alamy Stock Photo

Il materiale vulcanico eruttato dal Vesuvio ha preservato l’antica città di Pompei per quasi 2000 anni, offrendoci una sorta di macchina del tempo verso la vita nell’Impero romano. Ma i dati ottenuti da ricercatori guidati da Maite Maguregui, dell’Università dei Paesi Baschi in Spagna, rivelano che i detriti vulcanici starebbero al tempo stesso deteriorando gli affreschi di Pompei, di valore inestimabile.

L’accumulo di sali è una minaccia concreta per queste opere d’arte. Gli ioni responsabili della formazione di sali si trovano in genere nelle falde acquifere. Tuttavia i materiali piroclastici prodotti dalle eruzioni vulcaniche sono ricchi di ioni fluoruro, che formano anch’essi sali; se non che è complicato analizzare tali ioni con strumenti portatili.

Per misurare l’impatto degli ioni da detriti vulcanici, il team di Maguregui ha impiegato la laser-induced breakdown spectroscopy (LIBS). La LIBS è una soluzione portatile per interpretare le caratteristiche bande di emissione prodotte da molecole differenti quando vengono illuminate col laser, e distingue con facilità il fluoruro da altri ioni. “È stato impiegato dalla NASA per l’esplorazione di Marte, ma mai prima d’ora per il patrimonio culturale”, commenta Maguregui.

La LIBS ha aperto una nuova prospettiva sugli affreschi di Pompei. “La prima sorpresa è stata trovare fluoro ovunque”, commenta Silvia Pérez-Diez, tra le autrici dello studio. Ulteriori analisi in alcuni siti in particolare hanno permesso a lei e a Maguregui di determinare come potrebbero formarsi i sali a base di fluoruro. “Quando questi dipinti vengono portati alla luce rimangono resti di materiali vulcanici, e l’umidità o la pioggia possono causare il rilascio di questi ioni e favorire la cristallizzazione di sali”, spiega Pérez-Diez.

Questi risultati rivelano un fattore nascosto che potrebbe vanificare gli sforzi volti alla conservazione e al restauro, poiché questi sali cristallizzati possono deteriorare alcuni dei colori impiegati. In futuro Maguregui spera di analizzare più in dettaglio l’accumulo di fluoruro a Pompei.