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La costruzione di un apparato sperimentale per la ricerca sulla fusione termonucleare presso il consorzio RFX di Padova. Credit: Dino Fracchia / Alamy Stock Photo.

Il 5 dicembre, presso la National Ignition Facility di Livermore, negli Stati Uniti, 192 raggi laser hanno colpito una piccola capsula riempita di deuterio e trizio contenuta in un cilindro d’oro, provocando quella che i fisici chiamano "ignizione". Per la prima volta, la quantità di energia prodotta da una reazione di fusione nucleare controllata è stata superiore all'energia trasportata dai laser utilizzati per innescarla. Il bersaglio ha assorbito 2,05 megajoule di energia, emettendo in cambio 3,15 megajoule, con un guadagno energetico del 54%.

Perché è importante?

La prospettiva di sfruttare questo schema sperimentale, chiamato fusione inerziale, per produrre energia pulita è ancora distante decenni. Infatti, per fornire 2,05 megajoule al bersaglio, il sistema laser ha assorbito quasi 322 megajoule di energia elettrica dalla rete.

Tuttavia, il risultato è una grande notizia per gli scienziati. "Erano 10 anni che ci stavano lavorando", dice Stefano Atzeni, esperto di fusione inerziale all'università Sapienza di Roma. "La NIF avrebbe dovuto raggiungere l'ignizione pochi anni dopo il suo lancio nel 2009, ma la prima serie di esperimenti ha prodotto solo pochi kilojoule".

Il NIF non è stato costruito originariamente per produrre energia, ma per assicurare la manutenzione delle scorte di armi termonucleari degli Stati Uniti, garantendo un modo alternativo per testarle dopo il bando degli esperimenti nucleari sotterranei nel 1996. Ma gli ultimi risultati hanno ampliato la sua missione dalla sicurezza nazionale ai programmi energetici, con l'inclusione dell'approccio inerziale nel piano decennale per l'energia di fusione commerciale lanciato dalla Casa Bianca a marzo.

Finora la produzione di energia dalla fusione è stata perseguita principalmente attraverso un altro approccio, chiamato confinamento magnetico. Nella configurazione più studiata, un plasma di deuterio e trizio viene mantenuto ad alta temperatura in grandi camere a forma di ciambella, chiamate tokamak, grazie a campi magnetici controllati in modo estremamente fine. Questa è l'idea alla base di ITER, il progetto in costruzione nel sud della Francia, finanziato dall'Unione Europea e da sei Paesi, tra cui gli Stati Uniti. ITER dovrebbe entrare in funzione nel 2025 e prevede di raggiungere l'ignizione nel 2035.

Chi fa ricerca sulla fusione in Italia?

Il confinamento magnetico è anche l'approccio più studiato in Italia. A partire dagli anni '70, l'ENEA ha costruito e gestito un tokamak a Frascati, poi potenziato e infine chiuso nel 2019. Oggi l'ENEA è alla guida del progetto DTT, un tokamak compatto in costruzione progettato per testare i sistemi di gas di scarico che saranno richiesti da DEMO, il successore di ITER che sarà la prima centrale a fusione sperimentale.

Nel 2020, la società energetica ENI (controllata dal governo italiano) si è unita al DTT, finanziando quasi il 25% dei suoi costi operativi. L'ENI è anche coinvolta in un altro esperimento di confinamento magnetico chiamato SPARC, uno spin-off del MIT che sta costruendo un tokamak utilizzando magneti superconduttori ad alta temperatura. Un altro tokamak basato su una diversa configurazione di campo magnetico si trova a Padova nei laboratori del consorzio RFX, cofinanziato da Consiglio Nazionale delle Ricerche, ENEA, INFN, Università di Padova e Acciaierie Venete.

L'ENEA ha anche un esperimento di fusione inerziale a Frascati. È molto più piccolo del NIF, consiste in due fasci laser con 100 joule di energia ciascuno, ed esplora un diverso approccio alla fusione inerziale, chiamato direct drive. Qui la capsula di combustibile viene colpita direttamente dai fasci laser e non dai raggi X che emergono dalle pareti interne della cavità d’oro, come alla NIF. Poiché in questa conversione si perde molta energia, l'approccio a irraggiamento diretto è il più promettente per i reattori a fusione inerziale. Presso il Laboratorio di Laser Intensi (ILIL) del CNR a Pisa, il direttore Leonida Gizzi e i suoi collaboratori studiano aspetti delle interazioni laser-plasma che potrebbero aiutare a sviluppare proprio la fusione inerziale a irraggiamento diretto.

"Il risultato del NIF è una buona notizia per l'intera comunità di ricerca sulla fusione", afferma Marco Ciotti, direttore della divisione plasma dell'ENEA. "Faciliterà la soluzione di problemi comuni a entrambi gli approcci [magnetico e inerziale], ad esempio la ricerca di materiali in grado di resistere all'intenso flusso di neutroni ad alta energia prodotti dalla fusione".

Cosa cambierà per la ricerca sulla fusione in Europa?

Il più grande laboratorio al mondo che studia la fusione inerziale a irraggiamento diretto è il Laboratory for Laser Energetics dell'Università di Rochester, negli Stati Uniti, con un laser in grado di erogare fino a 60 kilojoule di energia suddivisi in 60 fasci. In Europa i ricercatori che si occupano di fusione inerziale hanno proposto la costruzione di un impianto simile, chiamato HiPER. Nel 2008 è stato completato un progetto preliminare, ma l’iniziativa non è andato in porto.

EURATOM e EUROfusion (i due programmi che finanziano la ricerca sulla fusione in Europa) hanno dedicato gran parte dei loro investimenti e sforzi di coordinamento al confinamento magnetico.

"Concentrare i fondi su un unico progetto era necessario per dimostrare al più presto che produrre energia dalla fusione è fattibile", afferma Luca Zabeo, della divisione scientifica di ITER. "Il confinamento magnetico offriva la maggiore probabilità di successo."

Zabeo ritiene che "il risultato della NIF sia della massima importanza, ma più dal punto di vista scientifico [che applicativo]". Spiega che "l'ignizione non è mai stata raggiunta nello schema a irraggiamento diretto, il più promettente per un reattore a fusione inerziale". Raggiungere una compressione simmetrica è una sfida molto più grande quando la capsula di combustibile viene colpita direttamente, e la simmetria è cruciale per raggiungere l'ignizione in quanto riduce al minimo le instabilità che ostacolano le reazioni di fusione.

Secondo Atzeni, l'atteggiamento dell'Europa nei confronti della fusione inerziale è miope. "Dall'agosto 2021 le cose stanno cambiando negli Stati Uniti anche con il coinvolgimento del settore privato", afferma. "Abbiamo cercato di riavviare un dialogo con EURATOM ed EUROfusion1, ma senza successo. Sono eccessivamente impegnati su ITER e dicono di non avere soldi da investire altrove".

I dirigenti di EUROfusion ricordano però che la sua missione principale è legata al confinamento magnetico, e che ciononostante supporta alcune attività di ricerca sulla fusione inerziale attraverso schemi di finanziamento aggiuntivi. "La comunità di ricerca sulla fusione inerziale dovrebbe cercare opportunità di finanziamento dalla Commissione europea", afferma Tony Donné, responsabile del programma EUROfusion. “Li incoraggerà a pensare a come potrebbe essere costruito un reattore a fusione inerziale, e partire da lì per capire i prossimi passi”.

Gizzi ritiene che la costruzione di un impianto di fusione inerziale in Europa farebbe progredire la ricerca europea in diversi campi oltre la fusione, come i laser ad alta potenza e l'interazione laser-plasma2. "La ricerca sulla fusione inerziale è stata a lungo vista solo come ricerca militare", afferma, "e questo ha frenato la volontà delle agenzie europee di investirci, ma questa visione è ormai superata ed è ora di andare avanti".