Read in English

Risaie attorno alla chiesa abbandonata di Sant'Antonio a Casaleggio di Novara, Piemonte. Credit: Mirko Costantini / Alamy Stock Photo.

Il riscaldamento globale colpisce l'agricoltura italiana, compreso il riso coltivato nel Nord Italia, che rappresenta il 52% di tutto il riso prodotto nell'Unione Europea. Durante il raccolto di quest'anno, tra settembre e ottobre, le alte temperature e la siccità hanno quasi cancellato la produzione da oltre 26.000 ettari di risaie tra le province di Pavia e Novara, e hanno causato una perdita di resa senza precedenti nelle altre aree risicole italiane. Per capire come la ricerca possa aiutare ad adattarsi ai cambiamenti climatici, abbiamo parlato con Filip Haxhari, responsabile della genetica dell'Ente Nazionale Risi, l'ente incaricata di tutelare e promuovere il riso italiano.

L'Ente Nazionale Risi vanta la più grande banca di semi di riso in Europa. Qual è la sua funzione?

La banca dei semi è nata dalla prima attività di ricerca dell'Istituto nel 1969. Ricercatori e agricoltori collaborarono per raccogliere tutte le varietà di riso coltivate in Italia e si recarono in altri Paesi europei per recuperare i semi delle varietà italiane coltivate all'estero. Oggi la banca ha una capacità di stoccaggio di 30.000 genotipi, e attualmente ne conserviamo 1.600, che la rendono la più grande collezione in Europa. Comprende tutte le varietà derivate, testate o coltivate in Italia dal 1800 in poi. Abbiamo anche alcune delle varietà più importanti presenti in altre parti d'Europa e varietà con caratteristiche particolari, come la resistenza al freddo o ai parassiti o il basso indice glicemico.

Come può la banca dei semi garantire il miglioramento del riso italiano?

Per mantenere la biodiversità della banca dei semi, ogni varietà viene coltivata ogni cinque-dieci anni. Questo ci permette, ad esempio, di vedere come si comporta oggi la varietà Bertone, che risale al 1819, rispetto a 10 o 20 anni fa. Ogni volta che viene ricoltivata, raccogliamo informazioni dettagliate. Abbiamo notato che, rispetto a 30 anni fa, il ciclo vegetativo del Bertone è più veloce di almeno una settimana dal seme alla maturazione, passando da circa 160 giorni a circa 148-150 giorni. Questo tipo di prove ci dà conferma dell'impatto del cambiamento climatico e ci permette di capire come sfruttare la plasticità genetica tipica di questa varietà.

Dall'incrocio, alla selezione, alla commercializzazione, a quali test viene sottoposta una varietà?

Ci vogliono circa 10-12 anni per passare dall'incrocio alla selezione, e ogni anno vengono selezionate gradualmente le piante che presentano le caratteristiche desiderate. Ogni anno creiamo 200-300 incroci e valutiamo 30.000-40.000 genotipi. Una volta ottenuta la varietà desiderata, effettuiamo test e prove di produzione. Il primo anno valutiamo la resistenza al caldo, al freddo e alle malattie in una regione specifica; il secondo anno la coltiviamo in tutte le regioni risicole italiane e raccogliamo dati da ogni area. Inoltre, presso il nostro centro è stata recentemente costruita una serra di ricerca chiamata fitotrone, che ci permette di simulare condizioni climatiche estreme e di verificare l'effetto delle variazioni di temperatura sulla fase di fioritura. Nel fitotrone collochiamo varietà specifiche, e testiamo la loro resistenza a temperature inferiori a 15 °C e superiori a 35 °C. È anche importante che la varietà abbia un'elevata plasticità genetica per adattarsi bene a climi diversi. Analizziamo in modo approfondito anche caratteristiche meno evidenti, come la sensibilità alla luce, la struttura delle radici e la forma delle foglie. Per fare un esempio, quest'anno abbiamo presentato la varietà CL18, dopo anni di test. La resa produttiva è generalmente di 6.500 kg per ettaro, mentre questa nuova varietà si aggira intorno ai 10.000 kg per ettaro, con un ottimo livello di resistenza alle malattie.

L'Ente Nazionale Risi lavora anche con varietà provenienti da altre parti del mondo che non sono presenti nella banca dei semi. Come e perché?

Abbiamo collaborazioni con paesi come il Giappone, dove si lavora su varietà resistenti al freddo. Nel Sud-Est asiatico hanno creato varietà resistenti a diversi tipi di fungo del riso (Magnaporthe grisea), la malattia fungina più grave per il riso. Abbiamo richiesto queste varietà e vogliamo verificare quali rispondono meglio alle specie di fungo del riso presenti qui. Stiamo anche lavorando per creare varietà con un indice glicemico inferiore a 50, incrociando varietà provenienti dalle Filippine.

Utilizzate le tradizionali tecniche di incrocio genetico o le più recenti tecniche di editing genetico, come la CRISPR?

Facciamo solo incroci tradizionali, una scelta fatta perché la legislazione sulle nuove tecniche genomiche non è ancora stata chiarita. Come istituzione non possiamo intraprendere questa strada fino a quando non saranno stabiliti gli standard europei e nazionali. Questo vale anche per gli OGM. Tuttavia, abbiamo preparato il nostro laboratorio e la nostra documentazione per quando questi standard saranno stabiliti.

Che ruolo potrebbero avere queste nuove tecniche di editing genetico nell'industria del riso? Che tipo di limitazioni comporta la mancanza di una legislazione?

La CRISPR apre scenari interessanti per la ricerca agricola in generale, ma la ricerca sul riso è molto più complessa di quanto molti credano. CRISPR permette di operare solo su caratteristiche monogeniche, facili da controllare. Con i cambiamenti climatici, ad esempio, è necessario operare sui centri di aggregazione genetica, l'insieme di geni che permette di creare la complessa risposta necessaria.

Come valutate l'accesso ai fondi di ricerca e alle collaborazioni internazionali, soprattutto in considerazione del Piano Nazionale di Recupero e Resilienza (PNRR) dell'Italia?

Il PNRR rappresenta un'ottima opportunità di sviluppo per nuovi progetti, soprattutto perché in Italia gli investimenti in ricerca agricola sono generalmente insufficienti. Nel settore del riso, i finanziamenti sono aumentati notevolmente grazie agli investimenti privati delle aziende. Sarebbe utile avere meno vincoli burocratici perché, ad esempio, dobbiamo compilare molti documenti solo per richiedere le sementi a un altro ente di ricerca.