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L'illustrazione mostra un buco nero più piccolo (sulla sinistra) che ruota attorno a uno più grande. La luce del primo buco nero si incurva attorno al secondo e forma un'immagine riflessa sul lato opposto. Credit: Caltech-IPAC.

Un gruppo di astronomi italiani ha messo a punto un nuovo metodo per stabilire quali degli innumerevoli puntini luminosi nel cielo notturno potrebbero corrispondere a coppie di buchi neri supermassicci che ruotano uno attorno all’altro all'interno di una stessa galassia. Basandosi sui dati di una vasta indagine del cielo effettuata dalla sonda Gaia dell'Agenzia Spaziale Europea, i ricercatori affermano che la loro tecnica potrebbe aiutare i teorici a perfezionare i modelli che spiegano la fusione delle galassie.

Molti modelli cosmologici ci dicono che, durante l'evoluzione dell'universo, galassie più piccole si fondono per formare quelle più grandi. Poiché si ritiene che molte galassie abbiano un buco nero supermassiccio al centro, queste fusioni dovrebbero portare a coppie di oggetti eccezionalmente massicci che si muovono a spirale attorno a un centro di massa comune, fino a fondersi ed emettere un'intensa esplosione di onde gravitazionali.

Queste coppie apparirebbero come doppi nuclei galattici attivi (AGN), regioni estremamente luminose al centro delle galassie la cui radiazione non è generata da stelle. Individuare questi doppi AGN, tuttavia, si è rivelato estremamente difficile. Gli scienziati hanno tentato diversi approcci, tra cui la ricerca di sorgenti all'interno del catalogo Gaia la cui posizione tende a variare nel tempo. Finora, però, sono stati individuati solo quattro AGN doppi ravvicinati.

Per aumentare le chances di successo, Elena Pancino, dell'Osservatorio di Arcetri a Firenze, ha suggerito ad alcuni colleghi che si occupano di AGN di utilizzare un parametro diverso all’interno del catalogo Gaia, che caratterizza la forma dell'emissione di un oggetto, con un singolo picco che indica una sola sorgente e un doppio picco che indica due sorgenti.

Utilizzando questo metodo, Pancino, Filippo Mannucci e collaboratori in Italia, Stati Uniti e Norvegia hanno identificato 260 oggetti che potrebbero essere AGN doppi, AGN singoli che appaiono doppi come risultato della lente gravitazionale, o AGN singoli la cui luce si è confusa con quella di altre stelle1. Hanno quindi cercato di ottenere immagini di questi oggetti attraverso il catalogo del telescopio spaziale Hubble e hanno trovato 26 corrispondenze, confermando in ogni caso che gli oggetti in questione contengono effettivamente sorgenti multiple. Come ulteriore passo, hanno analizzato gli spettri di cinque oggetti che non trovano riscontri nel catalogo Hubble, stabilendo che due di essi sono AGN doppi.

David Sanders, astronomo dell'Università delle Hawaii a Manoa, che non ha partecipato alla ricerca, afferma che il nuovo metodo "riceverà molta attenzione". Secondo Sanders, però, restano ancora un paio di cose da chiarire: perché è stato necessario confermare le sorgenti multiple usando le immagini di Hubble invece delle sole immagini di Gaia e quanti altri AGN doppi o con lenti potrebbero emergere da dati di indagine più sensibili o a più alto redshift.

Misurando le proprietà di molti AGN doppi, i ricercatori italiani sperano che sia possibile individuare i processi fisici che agiscono sui buchi neri supermassicci mentre orbitano. In particolare, sostengono che la distribuzione statistica delle distanze che separano i due buchi neri potrebbe rivelare se la loro traiettoria richiede l'attrazione gravitazionale della materia oscura, oltre a quella della materia ordinaria.

Tuttavia, è necessario altro lavoro prima di poter effettuare tali analisi. Pancino afferma che il suo team avrà bisogno di nuove osservazioni per classificare il resto dei 260 candidati e capire quanti sono AGN doppi. Se tutto va bene, dice, serviranno "un paio d'anni" per completare il lavoro.