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iCub, the small humanoid created by the Italian Institute of Technology in Genoa. Credit: Michele D'Ottavio / Alamy Stock Photo.

La variabilità è una delle caratteristiche fondamentali del comportamento umano. Alcuni ricercatori ritengono che possa essere stata selezionata durante l'evoluzione, perché ci rende più imprevedibili e meno vulnerabili ai predatori. La stessa caratteristica potrebbe anche giocare un ruolo nella nostra capacità di distinguere ciò che è umano da ciò che non lo è. Diversi esperimenti hanno dimostrato che quando i robot umanoidi mostrano una variabilità simile a quella umana nei tempi di risposta o negli schemi di movimento, li percepiamo come più simili agli esseri umani.

In uno studio pubblicato su Science Robotics1, un gruppo di ricercatori ha osservato questo stesso effetto quando l'uomo e il robot svolgono un'attività condivisa. "Per valutare come l’attribuzione di caratteristiche umane a un robot sia influenzato dalla sua variabilità comportamentale, nel nostro esperimento il robot poteva essere o controllato a disanza da un altro essere umano, o da un computer", spiega Agnieszka Wykowska, ricercatrice senior dell'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova e coordinatrice dello studio.

La ricerca ha inoltre dimostrato che l'effetto si applica anche quando la variabilità del comportamento del robot non assomiglia strettamente a quella umana, purché rientri nello stesso intervallo. "A seconda del contesto e della funzione che il robot deve svolgere, i progettisti possono dotare le loro macchine di un diverso grado di somiglianza con il comportamento umano, modulando la variabilità dei loro comportamenti", aggiunge Wykowska.

Per l'esperimento, un partecipante umano era seduto in una cabina di fronte a uno schermo, accanto a un robot umanoide iCub. Lo stesso set-up veniva replicato in una cabina adiacente. In una delle due cabine, quando sullo schermo appariva un quadrato rosso, il partecipante doveva premere il pulsante di fronte a sé. Quando appariva un quadrato verde, l'iCub doveva premere il suo tasto. I tempi di reazione dell'iCub erano controllati a volte dalla persona nell'altra cabina, dove il compito veniva eseguito al contrario, a volte da un algoritmo informatico pre-programmato. Questo algoritmo riproduceva la stessa gamma di variabilità dei tempi di reazione umani misurata dagli autori in uno studio precedente, ma senza la stessa forma della distribuzione statistica2.

I partecipanti non conoscevano la modalità di controllo del loro iCub, né sapevano quando stavano controllando a distanza il robot nella cabina adiacente. "Questo garantiva studiassimo un'interazione in tempo reale", spiega Francesca Ciardo, altra ricercatrice dell'IIT e prima autrice dello studio.

La stessa configurazione di controllo, computerizzata o teleoperata, è stata mantenuta per sequenze di 100 prove. Alla fine di ogni sequenza, ai partecipanti veniva chiesto se ritenevano che l'iCub fosse controllato da un essere umano o da un computer.

Nella maggior parte dei casi, i partecipanti sono riusciti a indovinare quando l'iCub era effettivamente teleguidato da un altro essere umano, il che mostra che siamo sensibili non solo alla gamma di variabilità dei tempi di reazione, ma anche alla forma della distribuzione. Invece, alla fine delle sequenze in cui l'iCub era controllato dal computer, i partecipanti hanno dato la risposta giusta solo circa il 50% delle volte, la stessa probabilità che ci si aspetterebbe se rispondessero in modo casuale.

I ricercatori hanno anche misurato la coordinazione tra l'uomo e il robot, osservando il grado di correlazione tra i loro tempi di reazione, e hanno scoperto che era maggiore quando l'iCub era controllato dal computer. "Questo potrebbe essere dovuto al fatto che i tempi di reazione del robot erano più prevedibili", afferma Wykowska. Potrebbe essere utile adottare questo tipo di variabilità quando i robot vengono utilizzati più come strumenti che come veri e propri collaboratori, ad esempio negli interventi chirurgici assistiti da robot. "Al contrario, potremmo sacrificare l'efficienza delle prestazioni quando agiamo in contesti sociali", aggiunge Wykowska.