Read in English

La cittadina di Amatrice, nel Lazio, come appariva il 29 agosto 2016. La notte del 24 agosto, alle 3.36, un forte terremoto colpì Amatrice e i suoi dintorni, causando il crollo di molti edifici. Credit: Danilo Balducci/Sintesi/Alamy Live News.

I sismologi dicono spesso che non sono i terremoti a uccidere le persone, ma gli edifici, quando crollano a causa di una scossa a cui non sono in grado di resistere. Un Paese ad alta sismicità come l'Italia ha bisogno di una mappa del rischio sismico affidabile, che indichi che tipo di terremoti ci si può aspettare in ogni area, per definire le norme di edilizia antisismica. Disporre di migliori informazioni riduce il rischio che si verifichino tragedie come il terremoto dell'Irpinia del 1980, che uccise quasi 3.000 persone; quello dell'Aquila del 2009, che causò 309 vittime; o la serie di terremoti che colpì le Marche, il Lazio e l'Umbria nel 2016, con un bilancio di 299 vittime.

Attualmente, l'Italia si affida a una mappa sismica approvata nel 2004. Con l'evoluzione della sismologia, la mappa deve essere aggiornata con i dati e le conoscenze prodotte negli ultimi due decenni, compresi quelli relativi ai numerosi terremoti intensi che hanno colpito l'Italia da allora. Per quasi tre anni, l'approvazione di una mappa aggiornata è stata rinviata più volte, perché le due istituzioni coinvolte nel processo non riescono a trovare un accordo sulla sua forma finale. Il processo, che Nature Italy ha ricostruito attraverso documenti ufficiali e interviste ai protagonisti, racconta molto della scienza dei terremoti, e mette in evidenza le tensioni che emergono quando i pareri scientifici vengono tradotti in decisioni politiche.

La storia ha avuto inizio nel 2015, quando l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha cominciato a lavorare a una nuova mappa di pericolosità sismica per l'Italia, con un gruppo di lavoro coordinato da Carlo Meletti, ricercatore dell'INGV, e da Warner Marzocchi, allora all'INGV e ora professore all'Università di Napoli Federico II.

L’obiettivo era sviluppare una nuova versione che sostituisse la mappa del 2004, denominata MPS041, su cui si basano le attuali norme edilizie italiano. L'INGV era stato incaricato dal governo di sviluppare quella mappa nel 2003, all'indomani del terremoto di magnitudo 6 di San Giuliano di Puglia, in cui morirono 27 studenti e la loro insegnante.

Dal 2004 sono emersi molti nuovi elementi. "Innanzitutto, nel 2015 è stato pubblicato un catalogo dei terremoti italiani più ricco, che contiene stime più accurate della magnitudo dei terremoti storici", spiega Meletti. In secondo luogo, sono state aggiunte molte stazioni accelerometriche sul territorio, che hanno contribuito ad affinare i modelli che calcolano quali scuotimenti può subire il terreno in un sito specifico in funzione della magnitudo di un terremoto e della distanza dal suo epicentro. "Alcune di queste stazioni erano situate molto vicino all'epicentro dei principali terremoti avvenuti in Italia negli ultimi 15 anni", aggiunge Meletti.

Il nuovo modello, come il precedente, adotta un approccio noto come Valutazione probabilistica della pericolosità sismica. Si parte dalla suddivisione di un territorio in zone sismiche in base alla posizione delle faglie o delle zone di subduzione, e alla storia dei terremoti passati. Ciò consente di valutare la frequenza con cui terremoti di diversa magnitudo possono verificarsi in ciascuna area, i cosiddetti tassi di sismicità.

Esistono molti modelli diversi per stimare i tassi di sismicità. Marzocchi e Meletti hanno coinvolto buona parte della comunità sismologica italiana, chiedendo ai vari ricercatori di proporre il proprio modello. Le proposte sono state poi testate in base alla loro capacità di spiegare i dati storici. Alla fine, sono stati selezionati undici modelli, poi combinati tra loro con un approccio simile a quello utilizzato per le previsioni meteo. A ogni modello viene assegnato un peso, basato in parte su misurazione della performance e in parte su interviste con un gruppo di esperti. "Volevamo essere il più possibile inclusivi ed evitare pregiudizi", spiega Meletti.

Il passo successivo è stato stimare le possibili accelerazioni al suolo in ogni area, utilizzando altri modelli che descrivono come lo scuotimento si attenui allontanandosi dall'epicentro. "Dal 2004 abbiamo imparato che lo scuotimento è più intenso di quanto pensassimo in prossimità dell'epicentro, ma si attenua più rapidamente con la distanza", spiega Meletti.

Dopo alcuni anni di lavoro, all'inizio del 2019 il team guidato da Meletti e Marzocchi ha presentato una prima versione della nuova mappa, denominata MPS192. Il nuovo modello presentava molti miglioramenti metodologici rispetto al precedente, che portavano a stime diverse dei livelli di pericolosità sismica da utilizzare per i codici edilizi nella varie aree del Paese.

"Questa differenza non è omogenea sul territorio italiano", spiega Marzocchi. "Nell'Italia settentrionale i livelli di pericolosità sismica previsti da MPS19 sono più alti di quelli di MPS04, perché il nuovo catalogo contiene alcuni terremoti intensi nella Pianura Padana che non erano presenti nel 2004. Mentre nell'Italia meridionale, soprattutto nella costa tirrenica della Calabria e nella Sicilia occidentale, i livelli di pericolosità sono più bassi."

Principio di precauzione

La mappa doveva ora essere approvata dal Dipartimento della Protezione Civile, un ente governativo. Gli esperti di rischio sismico della Commissione Grandi Rischi, l'organo che svolge consulenza scientifica all’interno della Protezione Civile, avevano esaminato il modello in corso d'opera, ma la valutazione non era ancora completa alla scadenza del loro mandato. Per terminare il lavoro, quegli stessi esperti sono stati nominati membri di un gruppo di lavoro esterno e nel maggio 2019 hanno approvato la mappa. "Ho sostenuto con forza la nuova mappa di pericolosità sismica", afferma Francesco Mulargia, sismologo dell'Università di Bologna e coordinatore della commissione. Il risultato più importante, dice, è che per la prima volta è stata quantificata l'incertezza sulle stime dei modelli. "Finalmente conosciamo i confini della nostra ignoranza", afferma Mulargia.

"Abbiamo avuto una collaborazione molto proficua con gli autori del modello, che hanno risposto a tutte le nostre domande e recepito i nostri suggerimenti", afferma Paolo Bazzurro, ingegnere strutturista e del rischio presso la Scuola Universitaria Superiore IUSS di Pavia, anch’egli nel comitato.

È a questo punto che sono iniziati i problemi. Nel settembre 2019, nonostante il parere positivo della commissione, i nuovi membri della Commissione Grandi Rischi hanno deciso di eseguire ulteriori test sul modello. "Ci aspettavamo che la commissione si limitasse ad approvare il nostro parere" aggiunge Bazzurro. "Questo era l'accordo informale sul ruolo del nostro gruppo di lavoro, e siamo rimasti piuttosto sorpresi quando hanno deciso di ricominciare tutto da capo."

Una seconda fase di valutazione è stata condotta da Dario Albarello, geofisico dell'Università di Siena, e Roberto Paolucci, ingegnere sismico del Politecnico di Milano, entrambi membri della nuova sezione rischio sismico della Commissione. Dopo un anno di test, la commissione “nel settembre 2020 si è espressa, dichiarando che il modello MPS19 non poteva essere considerato maturo per le possibili utilizzazioni", ha scritto la Protezione Civile a Nature Italy, e ha raccomandato modifiche per rendere il modello più adatto a diventare la base delle norme di edilizia antisismica.

Marzocchi e Meletti spiegano che la Commissione era particolarmente preoccupata per le conseguenze che i livelli di pericolosità più bassi nelle regioni meridionali avrebbero potuto avere sulle norme per l’edilizia. Nature Italy ha contattato sia Albarello che Paolucci, che hanno preferito non commentare.

Il gruppo di ricerca dell'INGV ha dedicato il 2021 ad apportare importanti modifiche al modello, sulla base delle richieste della commissione. Nel dicembre 2021 ha consegnato una nuova versione, denominata MPS19.s, che contiene modifiche sostanziali rispetto a quella pubblicata in Annals of Geophysics.

La Protezione Civile ha dichiarato a Nature Italy che la Commissione "ha espresso vivo apprezzamento per la finalizzazione di MPS19.s nelle tempistiche previste, oltre che per l’impegno e la cura con i quali il Centro di Pericolosità Sismica [dell’INGV] ha intrapreso e portato a compimento la complessa attività di revisione", e a febbraio ha approvato il modello. Ma i coordinatori della mappa non sono soddisfatti del risultato.

Nella versione originale di MPS19, i dati storici erano stati utilizzati per pesare i diversi modelli di tasso di sismicità, ma gli autori avevano scelto di basarsi più sulle frequenze dei terremoti di bassa e media magnitudo che su quelli di alta magnitudo. "Questa è semplicemente una conseguenza del riconoscimento dell'incertezza", spiega Marzocchi, "i grandi terremoti sono rari e quindi le frequenze grezze non permettono una stima affidabile dei tassi di sismicità complessivi". Al contrario, la mappa del 2004 adottava un approccio cautelativo, dando maggior peso alle frequenze grezze dei grandi terremoti e portando a una sovrastima del tasso di sismicità di quelli di media entità. Marzocchi ritiene che questa singola scelta spieghi gran parte della differenza tra i risultati delle due mappe nelle regioni meridionali.

Un modello sismico è come un albero, con diversi rami basati su diverse tecniche di modellizzazione che contribuiscono alle stime finali. Per rendere la nuova mappa più simile alla vecchia, la Commissione ha chiesto agli autori di selezionare solo i rami che riproducono fedelmente le intensità osservate storicamente in quasi 120 siti. "Questo dà una rilevanza molto maggiore [rispetto all'originale MPS19] ai dati storici nel vincolare il modello", dice Meletti. "Il catalogo sismico italiano è il più ricco al mondo, ma non è esaustivo, soprattutto per quanto riguarda i grandi terremoti che hanno un tempo di ritorno più lungo", aggiunge.

Un edificio a Pescara del Tronto (Marche), distrutto dal terremoto del 24 Agosto 2016. Il sisma, di magnitudo 5.9, colpì diverse località sulle montagne dell'Italia centrale, causando 299 vittime. Credit: Adamo Di Loreto/NurPhoto via Getty Images.

Gianluca Valensise, sismologo di formazione geologica dell'INGV che ha contribuito sia alla mappa del 2004 che a quella del 2019, afferma che le modifiche richieste dalla Commissione hanno portato anche a scartare parti del modello che si basavano sul Database delle Sorgenti Sismogenetiche Individuali, compilato dal 2001 sotto il suo coordinamento, con circa 330 sorgenti sismiche. "Conoscere la posizione e la geometria delle grandi faglie non solo migliora la risoluzione del modello nelle aree in cui storicamente hanno già generato forti terremoti, ma fa luce sulle aree silenti, come nel caso dei terremoti dell'Emilia del 2012", afferma.

La selezione stringente dei rami del modello ha portato a un'altra conseguenza, particolarmente preoccupante per i coordinatori. "Abbiamo spazzato via tutta l'incertezza che derivava dal considerare diversi approcci modellistici", dice Meletti. "Il numero di rami selezionati è troppo piccolo per consentire una quantificazione sensata dell'incertezza."

L'ultima parola

Nonostante abbiano accettato di apportare le modifiche, Marzocchi e Meletti difendono le loro scelte iniziali. "Ci era stato chiesto dalla Protezione Civile di produrre il miglior modello scientifico possibile, che riflettesse il punto di vista di un'intera comunità, ed è quello che abbiamo fatto", dice Marzocchi. "Capisco l'esigenza pratica di evitare forti variazioni che potrebbero essere problematiche per la comunità ingegneristica". Marzocchi e Meletti avrebbero preferito combinare la vecchia mappa con la nuova, piuttosto che rinunciare a interi rami della versione 2019, come è successo alla fine. "Ho collaborato all'ultima versione del modello, ma non la condivido dal punto di vista scientifico", dice Marzocchi.

Ma la storia non è finita. Nel maggio 2021, Carlo Doglioni, presidente dell'INGV, aveva informato la Commissione che il modello potrebbe non superare una procedura di validazione interna richiesta per tutti i prodotti scientifici dell'Istituto che abbiano valore normativo. Questo processo è separato dall'elaborazione scientifica della mappa da parte del gruppo guidato da Marzocchi e Meletti, e coinvolge il consiglio di amministrazione dell'Istituto.

Secondo la Protezione Civile, quando MPS19.s è stata completata a dicembre, Doglioni ha informato la stessa Protezione Civile che il processo di validazione interno non era ancora iniziato e che probabilmente avrebbe richiesto otto mesi.

L’esito dell’intera vicenda, quindi, dipende ora dal fatto che lo stesso istituto che ha lavorato alla mappa per anni, utilizzando 3,5 milioni di euro di finanziamenti pubblici, la approvi attraverso il suo comitato scientifico e il suo consiglio di amministrazione. In condizioni normali, l’esito di questo processo di valutazione sarebbe scontato, e la Protezione Civile ha dichiarato che "la Commissione ha auspicato che [la validazione] possa svolgersi con la massima sollecitudine".

Doglioni, tuttavia, ha pubblicamente criticato l'approccio alla valutazione del rischio sismico seguito dal suo istituto, così come dalla maggior parte dei Paesi con una gestione avanzata del rischio sismico3. Nell'agosto 2020, intervistato dalla trasmissione televisiva Presa Diretta, affermava che l'approccio probabilistico è superato e andrebbe abbandonato. Nature Italy ha chiesto un commento al presidente dell'INGV attraverso il suo ufficio stampa, ma questi preferisce non commentare prima che la valutazione interna sia completata.

Accettare l'incertezza

Ciò che conta di più, alla fine, è come il modello sismico viene tradotto in norme edilizie, e gli esperti sottolineano che è possibile mantenere l’impianto scientifico del modello originale del 2019 senza abbassare gli standard di sicurezza. La chiave, ancora una volta, è l'incertezza.

In Italia, gli ingegneri devono assicurarsi che gli edifici possano resistere all'accelerazione media al suolo che ha una probabilità del 10% di essere superata in un periodo di 50 anni. Ma i risultati del modello sono molto più ricchi. La mappa permette di considerare una soglia di probabilità più bassa, o di estendere l'orizzonte temporale, per tenere conto anche di terremoti più rari. E per ogni diversa scelta, calcola una distribuzione di probabilità per diverse accelerazioni del suolo.

Se la scelta di considerare solo il valore medio era giustificata dalla mancanza di stime di incertezza nella mappa precedente, ora le ragioni appaiono meno solide. Riconoscere l'incertezza attenuerebbe la disparità tra la nuova e la vecchia mappa di pericolosità sismica. "Nelle aree in cui le stime dell'accelerazione di picco al suolo sono caratterizzate da grande incertezza, avrebbe senso considerare valori superiori alla media nella progettazione degli edifici", afferma Bazzurro. "Questo favorirebbe un approccio precauzionale senza intaccare le basi scientifiche del modello".

"La nuova mappa italiana tratta l'incertezza in modo molto approfondito", commenta Matt Gerstenberger, sismologo presso GNS Science in Nuova Zelanda, e revisore dell'articolo in cui MPS19 è stato presentato2 . "Non ero a conoscenza delle recenti modifiche al modello e spero che l'intera valutazione, compreso quest'ultimo passaggio, sia aperta e trasparente".