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Credit: George D. Lepp/ The Image Bank Unreleased/ Getty Images.

Il riscaldamento globale danneggerà la produzione di pomodori da industria, e tra i principali paesi produttori l'Italia sarà il più colpito, secondo uno studio su Nature Food1.

A differenza dei pomodori da insalata, che di solito sono coltivati in serra, i pomodori da industria sono coltivati in campi aperti, il che li rende più vulnerabili ai cambiamenti ambientali. A livello globale, 40 milioni di tonnellate vengono utilizzate ogni anno in prodotti come polpa, salse e ketchup, rendendo questo tipo di pomodoro il più importante ortaggio trasformato al mondo. Circa l'85% della produzione globale è concentrata in 11 grandi aree di produzione, e tre Paesi da soli producono il 65%: Stati Uniti, Italia e Cina.

Un gruppo di ricercatori danesi, statunitensi e italiani ha messo assieme tre scenari socioeconomici e cinque scenari climatici per questo studio. Hanno simulato le rese in condizioni di basse, alte e altissime emissioni di gas serra e hanno collegato ogni scenario a diverse condizioni di pioggia e temperatura. Grazie al coinvolgimento di Alex Ruane, membro dell'IPCC e al Goddard Institute for Space Studies della NASA, lo studio ha potuto utilizzare gli scenari IPCC più aggiornati.

In tutti e tre i Paesi, si prevede che i cambiamenti climatici causeranno, come media tra i diversi scenari, una diminuzione del 6% della produzione di pomodori da industria entro il 2050, rispetto al periodo di riferimento 1980-2009. Gli aumenti previsti della temperatura dell'aria e le limitazioni delle risorse idriche influenzeranno la crescita dei pomodori, che avviene a una temperatura ottimale tra i 22°C e i 28°C.

Gli scenari mostrano differenze minime fino al 2050, ma una sostanziale variabilità in seguito, fino al 2100. Nello scenario più pessimistico, con un aumento medio della temperatura dell'aria di circa 2,6°C entro il 2070 e di 5°C entro il 2100, la produzione globale potrebbe subire un calo del 60% rispetto ai valori di riferimento.

Le proiezioni mostrano però che la produttività cambierà da regione a regione. La Cina manterrà una produzione sostenibile fino alla fine del secolo, con un leggero calo dopo il 2075 nella provincia dello Xinjiang, ma il riscaldamento favorirà la produzione in Gansu e Mongolia, dando a queste regioni un vantaggio competitivo. Allo stesso modo, le regioni più fredde della California settentrionale beneficeranno probabilmente delle temperature più elevate, ma in generale gli attuali livelli di produzione in California e in Italia subiranno un impatto negativo.

Per quanto riguarda l'Italia, secondo produttore dopo gli Stati Uniti con 70 mila ettari coltivati e 6 milioni di tonnellate di resa annua, ogni grado di aumento della temperatura corrisponderà a una diminuzione di 0,4 tonnellate per ettaro a Foggia e di 0,3 tonnellate per ettaro in Emilia Romagna, le due aree considerate dallo studio.

La diminuzione complessiva delle rese prevista a Foggia è del 18% entro il 2050, un valore leggermente superiore rispetto agli studi precedenti. "Agronomi, genetisti e fisiologi vegetali dovrebbero urgentemente unire le forze per affrontare questi problemi", afferma Domenico Ronga dell'Università di Salerno, Fisciano, Italia, che ha guidato la collaborazione.

Anche il consumo di acqua sarà un problema. L'irrigazione dovrebbe aumentare da 25 a 150 mm di acqua per ettaro in Italia, ma la crescente siccità renderà tutto più difficile. "Coltivare pomodori, in particolare a Foggia, sarà difficile tra 30 anni", afferma Davide Cammarano dell'Università di Aarhus, primo autore dello studio. "L'Italia deve prepararsi a un futuro con una produzione limitata di pomodori provenienti dalle sue regioni."

"Questo lavoro è innovativo perché la maggior parte degli studi sull'impatto dei cambiamenti climatici sulle colture agricole riguarda il grano, il mais, il riso e la patata", afferma Domenico Ventrella, del CREA (Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente), che non ha preso parte allo studio. "Gli studi precedenti sulla trasformazione del pomodoro sono stati fatti a livello regionale o locale adottando scenari climatici diversi, rendendo difficile il confronto tra aree diverse".