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An aseptic virus laboratory, where vectors for gene therapy are prepared. Credit: Boonchai Wedmakawand/ Moment/ Getty Images.

Un gruppo di ricercatori a Milano ha sviluppato un metodo che potrebbe consentire di evitare la chemioterapia sui pazienti che stanno per ricevere cellule staminali riparate geneticamente. Il protocollo, descritto su Cell1, è stato testato con successo sui topi.

La terapia genica è utilizzata sempre più spesso per curare malattie causate da difetti del DNA nelle cellule del sangue, come immunodeficienze, talassemia e cancro. In particolare, è rivolta alle cellule ematopoietiche, i progenitori delle cellule del sangue che si trovano principalmente nel midollo osseo.

Queste cellule hanno molecole di membrana che le fanno aderire alla nicchia del midollo osseo. Le terapie geniche iniziano tipicamente con la somministrazione di composti che contrastano queste molecole, e costringono le cellule a uscire dal midollo osseo verso il sangue periferico, dove vengono raccolte. Il loro DNA viene poi corretto in vitro, inserendo un gene terapeutico mediante un vettore virale o tecniche di gene-editing. Infine, le cellule ematopoietiche corrette vengono infuse nuovamente nel sangue del paziente e tornano al midollo osseo.

Prima di ricevere le cellule staminali corrette, i pazienti devono sottoporsi a un trattamento chemioterapico per eliminare le cellule emopoietiche difettose dal midollo osseo e fare spazio a quelle modificate. Ma questo ha gravi effetti tossici, sia a breve che a lungo termine.

"Dopo la mobilizzazione delle cellule staminali difettose c'è una breve finestra temporale in cui il midollo osseo rimane temporaneamente svuotato", spiega Luigi Naldini, direttore dell'Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) e autore principale del lavoro. "La nostra idea era di utilizzare questa finestra per ripopolare parzialmente il midollo osseo con un nuovo tipo di cellule staminali ingegnerizzate, dando loro un vantaggio competitivo rispetto alle cellule non modificate provenienti dal flusso sanguigno". Il team ha applicato i recenti progressi nella tecnologia dell'mRNA per indurre le cellule “corrette” a sovraesprimere le molecole di membrana che le fanno aderire al midollo osseo. La modifica rende le cellule più adatte a riempire la nicchia del midollo osseo rispetto alle restanti cellule non corrette, senza bisogno di chemioterapia. Il risultato è una nicchia popolata in parte da cellule ingegnerizzate e in parte dalle cellule difettose originali, uno stato abbastanza stabile da fornire benefici terapeutici in diverse malattie.

La tempistica era essenziale nel protocollo testato dai ricercatori. Dovevano raccogliere le cellule staminali difettose, correggerle geneticamente e trattarle con l'mRNA, iniettarle di nuovo entro la finestra temporale di mobilizzazione.

"Futuri miglioramenti del protocollo potrebbero prevedere di rendere le cellule corrette resistenti a un anticorpo monoclonale accoppiato a una tossina, per poi infonderle nuovamente al paziente insieme all'anticorpo", spiega Naldini. La tossina ripulirebbe il midollo osseo dalle restanti cellule ematopoietiche originali senza influenzare le cellule corrette, consentendo loro di ripopolare completamente la nicchia". Ciò avrebbe meno effetti collaterali della chemioterapia, e si potrebbe applicare anche ai trapianti da donatori che richiedono una sostituzione completa delle cellule staminali del ricevente per evitare il rigetto.