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Credit: Patrice Latron/ The Image Bank Unreleased/Getty Images.

I neuroscienziati credono che il sistema sensoriale umano si adatti al mondo naturale secondo un principio di "codifica efficiente". Massimizza cioè la quantità di informazioni elaborate, minimizzando al tempo stesso il consumo di energia. Per quanto riguarda la visione, in particolare, alcuni studi hanno suggerito che il principio di codifica efficiente possa essere formulato assumendo che gli esseri umani siano sensibili a certe proprietà statistiche delle immagini. Quando osserviamo una texture in bianco e nero, per esempio, non percepiamo effettivamente tutti i pixel, ma piuttosto le correlazioni tra pixel adiacenti che creano schemi ricorrenti, come ripetizioni di segmenti orizzontali o angoli. In questo modo lo sforzo computazionale è minore e consumiamo meno energia per interpretare l'immagine.

Ora un gruppo di ricercatori coordinati da Davide Zoccolan, che guida il Visual Neuroscience Lab alla SISSA di Trieste, e Vijay Balasubramanian dell’ Università della Pennsylvania, hanno dimostrato che i ratti applicano la stessa strategia, un risultato che apre la strada a esperimenti di manipolazione del sistema visuale. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista eLife1.

I ricercatori hanno adattato ai topi un esperimento eseguito nel 2014 da Balasubramanian, che ha dimostrato che gli esseri umani sono più sensibili agli schemi statistici che variano di più nelle immagini naturalistiche. In particolare sono sensibili alle combinazioni di pixel che creano strisce orizzontali, quadrati e forme a L.

Nel nuovo esperimento, 42 ratti sono stati addestrati a discriminare tra texture di rumore bianco (dove ogni pixel ha la stessa probabilità di essere bianco o nero, indipendentemente dagli altri pixel), e altre strutturate con schemi ricorrenti. Se ci riuscivano, venivano premiati. La fase di addestramento è durata diverse settimane, durante le quali i ratti sono stati prima esposti a texture in cui le strutture erano più evidenti, e poi addestrati a riconoscere correlazioni via via più deboli. I ratti che raggiungevano una sufficiente capacità di riconoscere le texture strutturate venivano ammessi alla fase di test, dove non ricevevano più alcun feedback sulle loro scelte. I risultati mostrano che i ratti hanno sensibilità massima per i segmenti orizzontali, seguiti da quadrati e forme a L, lo stesso ordinamento osservato negli esseri umani nel 2014.

"Oltre a suggerire che la codifica efficiente per la visione è un principio generale nei mammiferi", dice Zoccolan, "il nostro risultato apre possibilità di manipolazione causale per studiare i meccanismi neurali sottostanti". Per esempio, gli scienziati potrebbero allevare ratti appena nati in un ambiente visivo artificiale, dove alcune correlazioni sono meno variabili che in natura, e verificare se il loro sistema visivo si adatta a questa diversa proprietà statistica. "Questo ci permetterebbe di capire se l'adattamento del sistema visivo alle proprietà statistiche delle scene naturali è innato oppure avviene dopo la nascita", dice Balasubramanian. "Senza intervenire nella fase iniziale dello sviluppo non si possono distinguere queste due ipotesi". Tali esperimenti non possono essere eseguiti con soggetti umani e sono molto più difficili nei primati.

"Per confrontare gli studi sugli esseri umani e sui ratti, i ricercatori hanno dovuto fare alcuni compromessi", dice Jonathan Victor, neuroscienziato del Weill Cornell Medical College che ha sviluppato il metodo per testare questa versione dell'ipotesi di codifica efficiente nella visione. "Questo solleva alcune domande interessanti per il futuro, su quale sia il livello di specificità con cui i sistemi sensoriali sono adattati ai loro ambienti e alle esigenze comportamentali. "