Read in English

La sede principale del CNR a Roma. Credit TK Kurikawa/ Shutterstock Images.

Il governo italiano ha iniziato una riforma del Consiglio Nazionale delle Ricerche, il principale ente di ricerca del paese, come parte della legge di bilancio 2022. Una sezione della legge crea un comitato incaricato di preparare un piano per la riorganizzazione e il rilancio dell'istituto, e assegna fondi aggiuntivi al bilancio del CNR, da utilizzare principalmente per questa riorganizzazione.

Il CNR è il principale ente di ricerca italiano, con 88 istituti su tutte le discipline in tutto il paese, 8.500 ricercatori e un budget di 900 milioni di euro. Ha subito per anni tagli cronici ai finanziamenti, e ha una pesante struttura burocratica.

Secondo la legge di bilancio, un Comitato Strategico composto da cinque esperti, italiani o stranieri, nominati dal Ministro dell'Università e della Ricerca, lavorerà con il Consiglio di Amministrazione del CNR per completare un piano di riorganizzazione entro la prima metà del 2022. Il piano sarà poi approvato dal Ministero della Ricerca attraverso un decreto, e dovrà essere realizzato entro 3 anni.

Lo schema stanzia anche 10 milioni di euro per trasformare i contratti a breve termine dei ricercatori del CNR in contratti permanenti, e 50 milioni di euro, da spendere tra il 2022 e il 2024, per attuare il piano di riorganizzazione e rilancio. Inoltre, il bilancio del CNR sarà aumentato di 20 milioni di euro all'anno a partire dal 2023, a condizione che la riorganizzazione stia procedendo secondo il piano.

La bozza iniziale della legge vedeva il presidente del CNR, e non il CdA, alla guida del processo, e dava al ministero piena autonomia nella selezione dei membri del comitato strategico. Quando quella bozza è diventata pubblica, centinaia di scienziati e accademici hanno firmato un appello per chiedere al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di fermare la riforma, che consideravano incostituzionale. "Era come mettere un commissario a capo del principale ente di ricerca nazionale, ignorandone completamente l'autonomia" dice Rino Falcone, direttore di ricerca all'Istituto di scienze e tecnologie cognitive del Cnr di Roma, che ha promosso l'appello.

Anche Elena Cattaneo, ricercatrice sulle cellule staminali e senatrice a vita, chiedeva un più ampio coinvolgimento del CNR e della comunità di ricerca in generale. Assieme al senatore Francesco Verducci, del Partito Democratico, ha firmato una richiesta di emendamento alla legge di bilancio che, se approvata, avrebbe soppresso il Comitato Strategico, avrebbe richiesto al Consiglio di Amministrazione del CNR, invece che al solo Presidente, di approvare il piano di riforma, e avrebbe introdotto pareri obbligatori sulla riforma da parte delle commissioni parlamentari.

La versione finale approvata dal Senato, e che dovrebbe passare senza ulteriori modifiche alla Camera, è un compromesso. Mette il consiglio di amministrazione a capo della riforma, ma mantiene il comitato strategico, i cui membri saranno scelti dal ministero all’interno di rose preparate dallo stesso CNR, e da un comitato che aiuta a selezionare i presidenti degli istituti di ricerca. Il ministro dovrà presentare la riforma in Parlamento, ma non avrà bisogno della sua approvazione.

Secondo Falcone, il problema principale rimane il fatto che "tutto ciò che è menzionato da questa legge potrebbe essere fatto in base alla legge esistente dalla direzione del CNR, che ha l'autonomia per cambiare lo statuto dell'istituto". Un altro problema, dice, è che la riforma del Cnr eviterà l'esame parlamentare. "Il governo approva la riforma con un proprio decreto, e questo va contro l'articolo 33 della Costituzione italiana", dice. L'articolo 33 dice che le università, gli istituti di ricerca e le altre istituzioni culturali hanno diritto all'autogoverno, che può essere limitato solo da leggi approvate dal Parlamento.

Falcone concorda sul fatto che il CNR ha bisogno di ridurre la sua burocrazia e aumentare il fatturato, oltre a investire nel reclutamento internazionale. D'altra parte, sottolinea che il CNR non è meno produttivo di altre istituzioni di ricerca europee. "Non abbiamo paura di una riforma, ma ci spaventa che qualcuno totalmente esterno all'istituzione, come il comitato strategico, possa prendere il guidarla".

La presidente del CNR Maria Carrozza ha preferito non commentare, citando il processo legislativo in corso, così come la ministra dell'Università e Ricerca, Maria Cristina Messa. Un portavoce del MUR ha detto a Nature Italy che la riforma va vista nel contesto del Piano Nazionale di Recupero e Resilienza (PNRR), che rende vitale garantire la stabilità del CNR e l'efficienza nell'uso dei fondi.