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Rappresentazione artistica dell'apertura di filamenti di DNA. Nelle cellule, è la prima fase della trascrizione di una sequenza di DNA in una di mRNA. Credit: Eugene Mymrin/ Moment/ Getty Images.

I vaccini per il COVID-19 sono stati i primi farmaci approvati basati sull'acido ribonucleico messaggero (mRNA), ma non saranno gli ultimi. La pandemia ha messo sotto i riflettori una tecnologia studiata da oltre un decennio, che ora potrebbe essere applicata a malattie che vanno dalle infezioni virali al cancro e le malattie autoimmuni.

In particolare, l'ondata di interesse e gli investimenti su questa tecnologia stanno favorendo un'accelerazione della ricerca italiana sulle malattie metaboliche ereditarie, causate da geni difettosi che compromettono l'espressione di proteine con ruoli chiave nei meccanismi metabolici, determinando la mancanza di una proteina vitale o l'accumulo di sottoprodotti tossici. Sono spesso fatali o invalidanti, ma potrebbero essere curate sostituendo la proteina mancante o difettosa. È esattamente ciò che gli scienziati sperano di fare con l'RNA messaggero. Nell'organismo, il suo compito è quello di copiare le informazioni contenute nei geni e portare ai meccanismi cellulari lo schema per produrre una specifica proteina. Una sequenza sintetica di mRNA con il giusto schema può essere trasformata in un farmaco e indurre l'organismo a produrre la proteina desiderata.

La ricerca su queste malattie è particolarmente attiva in Italia, dove ogni neonato viene testato per più di 40 difetti metabolici, per garantire una diagnosi precoce e l'accesso a una dieta adeguata o integratori quando necessario. "Il programma nazionale di screening offre ai ricercatori un'opportunità unica di studiare i diversi fenotipi delle malattie metaboliche e la loro storia naturale fin dai primi giorni", dice Alberto Burlina, responsabile della Divisione di Malattie Metaboliche Ereditarie dell'Ospedale Universitario di Padova.

Un'alternativa ai trapianti

Burlina e il suo team stanno attualmente lavorando sull'acidemia metilmalonica, un raro difetto che impedisce all'organismo di elaborare alcuni aminoacidi e provoca l'accumulo di acido metilmalonico nei reni e nel sistema nervoso centrale. Può causare insufficienza renale, danni cerebrali, convulsioni, coma, e colpisce un numero compreso tra uno ogni 50.000 e 1 ogni 100.000 nati vivi, con un'aspettativa di vita che può andare da giorni ad anni, a seconda della gravità.

Il team di Padova stava già collaborando con l'azienda biotech statunitense Moderna su terapie basate su m-RNA per l'acidemia metilmalonica, già prima che l'azienda iniziasse a sviluppare il suo vaccino anti COVID-19. "Moderna ha creato un messaggero specifico per istruire le cellule a sostituire l'enzima difettoso methylmalonyl-CoA mutase, che è la fonte della malattia", dice Burlina. Non sarebbe una cura definitiva: i pazienti avrebbero bisogno di ripetere periodicamente le infusioni, ma il vantaggio sarebbe quello di bypassare i potenziali rischi della terapia genica. "La terapia con RNA messaggero può essere interrotta in qualsiasi momento se necessario per motivi di sicurezza, e l'mRNA viene rapidamente eliminato", dice Paolo Martini, Chief Scientific Officer for Rare Diseases alla Moderna Therapeutics di Boston, negli Stati Uniti. "Inoltre, il dosaggio può essere modulato per controllare l'efficacia". L'ospedale universitario di Padova ha aiutato Moderna a effettuare esperimenti sugli animali. "Nella tarda primavera inizieranno i primi test sui pazienti", dice Martini.

Attualmente, i casi più gravi di accademia metilmalonica richiedono un trapianto di fegato, dice Carlo Dionisi-Vici dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, anche lui impegnato nella ricerca di nuove terapie per questa malattia. "Con il trattamento a base di mRNA, i pazienti non avrebbero bisogno di assumere farmaci immunosoppressori per il resto della loro vita come fanno i bambini trapiantati", spiega. Ma, allo stato attuale, la tecnologia mRNA condividerebbe anche i limiti dei trapianti, che riducono l'accumulo di acido in quasi tutti i tessuti, ma non nel liquido cerebrospinale, e quindi non sono efficaci sui danni neurologici. Allo stesso modo, l'RNA messaggero sintetico somministrato nel sangue va direttamente al fegato, ma non arriva al cervello. Martini spiega che il suo gruppo sta lavorando su alcune opzioni per attraversare la barriera ematoencefalica, composta da cellule endoteliali che rivestono i microscopici vasi sanguigni del cervello e consentono l'accesso al sistema nervoso centrale solo a poche molecole selezionate. Una possibilità è utilizzare nanoparticelle equipaggiate con molecole che si legano a recettori specifici sulla superficie di queste cellule endoteliali, e funzionano come chiavi che aprono serrature.

Un altro potenziale ostacolo su cui lavorare è l'eventualità di una risposta immunitaria alle nanoparticelle lipidiche che avvolgono l'mRNA e lo portano dentro le cellule. In un vaccino, tale reazione è benvenuta e le nanoparticelle agiscono come adiuvanti. Ma, in un farmaco che ha bisogno di ripetute somministrazioni, potrebbe ridurre l'efficacia a lungo termine. "Non abbiamo osservato questo fenomeno negli animali sottoposti a trattamento cronico", dice Martini. "Ma gli anticorpi mirati al polietilenglicole, un componente delle nanoparticelle, potrebbero essere un problema e stiamo testando un tipo leggermente diverso di nanoparticelle che si liberano dal polietilenglicole una volta iniettate".

L'acidemia metilmalonica è un modello per una serie di malattie metaboliche congenite che potrebbero beneficiare di una terapia basata sull'mRNA. Un esempio è la malattia da accumulo di glicogeno di tipo 1B, dove una mancanza dell'enzima glucosio-6-fosfato translocasi causa un accumulo di glicogeno e grasso nel fegato e nei reni. Colpisce una persona su 100.000, e i casi gravi non diagnosticati portano alla morte nella prima infanzia. "I pazienti soffrono di episodi ricorrenti di ipoglicemia, a volte di neutropenia (basso numero di globuli bianchi) e di malattie infiammatorie intestinali", dice Nicola Brunetti-Pierri, dell'Istituto Telethon di genetica e medicina di Napoli. Anche il suo gruppo sta collaborando con Moderna per sviluppare una terapia a base di mRNA che mira alle cellule del fegato. "Ora stiamo per iniziare gli esperimenti sui topi, per capire se l'mRNA è in grado di risolvere il problema e quanto durerebbe il suo effetto" dice.

I prossimi passi

I ricercatori dell'Istituto di Medicina Genomica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma stanno lavorando a una terapia a base di mRNA per la sindrome dell'X fragile, la causa più comune di disabilità cognitiva ereditaria. "È dovuta al deficit di una proteina normalmente espressa dal gene FMR1 nei neuroni", spiega Elisabetta Tabolacci. "Abbiamo cercato di riattivare il gene, ma è difficile perché mancano farmaci selettivi per affrontare il bersaglio specifico" dice. Dopo aver letto delle ricerche sull'acidemia metilmalonica, Tabolacci ha pensato di bypassare del tutto il gene compromesso, e provare a indurre la sintesi della proteina con l'mRNA. "Abbiamo testato l'ipotesi in vitro, su neuroni di pazienti con X fragile, e ha funzionato. Potrebbe riparare il danno neurologico nei pazienti adulti" dice. Ora Tabolacci e colleghi stanno per testare il trattamento sui topi in collaborazione con un altro gruppo di ricerca, ma, proprio come per l'acidemia metilmalonica, il successo finale dipenderà dalla possibilità di raggiungere il sistema nervoso centrale dal flusso sanguigno. "Potremmo usare iniezioni intraspinali, ma sarebbe meglio poter attraversare la barriera ematoencefalica,” spiega.

I ricercatori hanno ancora molto lavoro da fare, ma il ruolo dell'mRNA nel rapido sviluppo dei vaccini COVID-19 ha evidenziato il suo punto di forza: una grande versatilità che rende possibile progettare un nuovo farmaco con una semplice riscrittura delle informazioni codificate nel RNA senza cambiare la piattaforma di produzione, il che è particolarmente utile quando si lavora sulle malattie rare. Oltre a Moderna, diverse aziende biotech statunitensi, come Translate Bio, Arcturus, Intellia, stanno lavorando su altri disturbi metabolici, dalla fibrosi cistica all'amiloidosi. "Quello che la pandemia ci ha mostrato è solo la punta dell'iceberg", dice Burlina. "La tecnologia mRNA ha il potenziale per cambiare l'evoluzione clinica di molte malattie, e i prossimi anni saranno cruciali nella lotta contro le patologie metaboliche ereditarie".