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Render 3D di un computer quantistico. Credit: Bartlomiej K. Wroblewski/ Shutterstock Images

Negli ultimi due anni la competizione sulle tecnologie quantistiche è stata soprattutto tra Cina e Stati Uniti. A ottobre del 2019 il Google Quantum AI lab, in California, ha rivendicato per primo un “vantaggio quantistico”, ossia la dimostrazione che un dispositivo computazionale basato sulle leggi della meccanica quantistica può fare cose che sarebbero impossibili per un computer tradizionale. L’azienda aveva annunciato che un microprocessore basato su materiali superconduttori, con 53 qubit (l’unità d’informazione quantistica, che archivia esponenzialmente più informazioni dei normali bit) aveva impiegato 3 minuti per eseguire un calcolo che avrebbe richiesto 10.000 anni al supercomputer più potente1. A dicembre del 2020 il gruppo guidato da Jian-Wei Pan, dell’Università della Scienza e della Tecnologia a Hefei, in Cinna, ha replicato con un risultato ancora più convincente; usando fasci di luce laser per effettuare un calcolo semplicemente impossibile coi microchip tradizionali2.

Ma secondo Francesco Cataliotti, professore di fisica all’Università di Firenze e direttore dell’Istituto Nazionale di Ottica presso il Centro Nazionale delle Ricerche (CNR), la corsa è apertissima. “Siamo ancora lontani dall’avere un computer quantistico universale”, spiega, “e l’Italia può ancora svolgere un ruolo, sempre che vi sia la volontà politica”.

Il Governo italiano ha dato chiari segnali di voler rendere le tecnologie quantistiche – che includono la computazione, oltre alla comunicazione, alla crittografia e alla simulazione – una priorità nella ricerca dei prossimi anni. “Sono tecnologie talmente innovative e trasversali su settori fondamentali per la vita socio-economica del Paese – penso alla salute, all’ambiente, all’innovazione e alla sicurezza informatica, alle telecomunicazioni, per citare solo alcuni campi – che sarebbe impensabile non considerarle al centro delle strategie e degli investimenti per i prossimi anni”, commenta la ministra della Ricerca Maria Cristina Messa. “I paesi avanzati che non avranno investito per avere accesso diretto alle tecnologie quantistiche potranno dover fronteggiare seri rischi”.

Il Programma nazionale della ricerca (PNR) 2021-2027 – un documento del ministero della ricerca che Cataliotti ha contribuito a redigere – mette nero su bianco che queste tecnologie “hanno un’elevata priorità d’investimento”, e la bozza del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), che descrive l’uso del Recovery Fund dell’Unione Europea, le cita come “innovazioni strategiche decisive”.

È un grande cambiamento per un campo che, appena una ventina di anni fa, era poco più di una nicchia negli studi di fisica. “Era considerato al confine della filosofia, e nessun relatore di tesi consigliava agli studenti di occuparsene”, ricorda Tommaso Calarco, professore all’Università di Colonia, e direttore del Peter Grünberg Institute, a Jülich in Germania. Gli specialisti del mondo quantistico salutano con favore questa nuova attenzione, ma si augurano che si traduca in finanziamenti adeguati e in priorità chiare, per stare al passo con la competizione internazionale.

Calcolare, comunicare, misurare

Il termine ‘tecnologie quantistiche’ racchiude diverse aree di ricerca, che sfruttano aspetti differenti della meccanica quantistica per risolvere diversi problemi. Per esempio, la possibilità che gli atomi o le particelle occupino contemporaneamente più stati ‘sovrapposti’, o siano ‘entangled’ (correlati), al punto che misurare l’uno influenza l’altro persino a grandi distanze, per risolvere problemi. L’Italia vanta scienziati sperimentali e teorici di livello mondiale in molte aree, che fanno tuttavia capo a centri di ricerca, istituzioni e impostazioni differenti.

In fatto di computazione, ad esempio, alcuni manipolano fotoni – le particelle della radiazione elettromagnetica – per codificare le informazioni. Fabio Sciarrino, professore all’Università La Sapienza a Roma, usa una tecnica simile a quella impiegata da Jian-Wei Pan in Cina, e mira a creare un dispositivo più facile da programmare di quello cinese, e che sia impiegabile in più compiti. Altri scienziati lavorano su materiali superconduttori, come Francesco Tafuri, dell’Università Federico II di Napoli, che ha in progetto di costruire un hardware modulare per la computazione quantistica, seguendo l’impostazione già adottata da Google e da IBM. L’Università di Padova ha inaugurato di recente il Quantum Technologies Research Center, volto a creare una piattaforma computazionale basata su ioni intrappolati. Questo approccio, in competizione sia coi materiali superconduttori sia con la fotonica, è oggetto di studio da decenni ed era considerato la strada più promettente verso i computer quantistici, prima dell’ascesa inaspettata di Google e delle iniziative cinesi. Simone Montangero, fisico e vice direttore del Centro, guiderà lo sviluppo della piattaforma di computazione.

Il nuovo centro di Padova potenzierà, inoltre, le ricerche sulla comunicazione, la seconda grande area in cui le tecnologie quantistiche potrebbero fare la differenza. Il direttore Paolo Villoresi è stato un pioniere nelle comunicazioni quantistiche tra spazio e Terra. Nel 2015 il suo team era riuscito a codificare i qubit nella polarizzazione dei fotoni e a inviarli a cinque satelliti, che avevano poi rispedito la luce al Laser Ranging Observatory dell’Agenzia Spaziale Italiana, a Matera3.

L’uso di satelliti ha rappresentato una svolta, ma la comunicazione quantistica si basa solitamente sulla tecnologia a fibre ottiche. Grazie a un progetto avviato nel 2013 e coordinato dall’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica di Torino, l’Italia possiede la seconda infrastruttura di comunicazione quantum-ready più lunga al mondo, l’Italian Quantum Backbone (IQB), la quale si snoda per 1850 chilometri da Torino a Matera. Solamente la Cina ha un’infrastruttura più lunga. Il PNR include progetti mirati a completare la dorsale raggiungendo la Sicilia e Malta a sud, e per potenziarla. Le comunicazioni quantistiche corrono, attualmente, solo per 80-100 chilometri lungo la dorsale, prima di essere commutate in segnali tradizionali e poi tornare di nuovo in forma quantistica. Tuttavia, nuovi ripetitori permetteranno presto una comunicazione quantistica continua. L’obiettivo finale è collegarsi alla European Quantum Communication Infrastructure (EQCI), che dovrebbe derivare dalla Quantum Flagship, l’iniziativa europea sulle tecnologie quantistiche, finanziata nel 2018 con più di 1 miliardo di euro nell’arco di 10 anni. Si avvarrà di infrastrutture basate su fibre ottiche e su satelliti, e porrà le basi dell’internet del futuro su base quantistica. “Il progetto europeo si ispira alla rete italiana”, spiega Cataliotti.

Oltre alla computazione e alle comunicazioni, la European Flagship finanzia ricerche sulla simulazione (l’uso di sistemi quantistici semplici come modelli per comprendere sistemi più complessi, per esempio quando si progettano nuove sostanze chimiche), come pure i sensori quantistici e la metrologia (dove i sistemi quantistici possono migliorare le prestazioni nella diagnostica clinica e nei dispositivi di analisi delle immagini); e in diversi di questi progetti sono coinvolti ricercatori italiani. “L’Italia ha ottenuto risultati eccellenti nella Quantum Flagship”, commenta Calarco, che coordina l’iniziativa europea, “molto meglio di quanto ci si potesse aspettare, vista la contrazione continua negli ultimi decenni dei finanziamenti alla ricerca italiana”.

Le collaborazioni internazionali travalicano i confini europei. L’Istituto nazionale italiano di fisica nucleare (INFN) è l’unico partner non americano nel progetto di tecnologia quantistica finanziato dal Dipartimento di Energia del Governo statunitense. Il Superconducting Quantum Materials and Systems Center (centro dei sistemi e dei materiali quantistici e superconduttori), situato presso il FermiLab di Chicago e diretto dalla fisica italiana Anna Grassellino, coordina il progetto e ha come obiettivo lo sviluppo di un computer basato su dispositivi superconduttori a radiofrequenze. Misurazioni, test e validazioni dei dispositivi quantistici saranno eseguiti presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, che sono schermati dalla radioattività ambientale. L’INFN userà, inoltre, sensori quantistici per esperimenti di rivelazione della materia oscura.

Unire le forze

Essendo una comunità così eterogenea, molti scienziati in questo campo percepiscono la necessità di un ente di ricerca che coordini gli sforzi. “Lo sviluppo dell’hardware quantistico non è qualcosa di realizzabile da un singolo centro di ricerca”, conferma Anna Grassellino, che coordina negli USA un progetto con 20 partner. La ministra per la Ricerca, Maria Cristina Messa, concorda: “Dobbiamo creare le condizioni perché ogni parte del complesso ingranaggio che lavora intorno e per queste tecnologie riesca davvero a fare la propria parte integrata al meglio con tutti gli altri”.

Il PNR parla della creazione di un nuovo Istituto Nazionale per le Tecnologie Quantistiche, destinato a far parte della rete europea degli Istituti Nazionali per le Tecnologie Quantistiche, co-finanziato dalla Commissione Europea. Lo scopo è creare laboratori congiunti in cui lavorino ricercatori di università e di istituti di ricerca pubblici, e di aziende private.

Ma coinvolgere il settore privato si è rivelato finora difficile. “In Italia, a differenza che in Germania, è ancora assente una forte vocazione dell’industria”, commenta Calarco, che spera che la situazione migliori se il PNRR porterà più investimenti per il trasferimento tecnologico, per esempio per dottorati in collaborazione con le aziende.

Molto dipenderà da quanto il Governo metterà a disposizione. L’attuale bozza del PNRR parla di un investimento di 1,6 miliardi di euro per 7 nuove strutture di ricerca in “tecnologie abilitanti fondamentali”, incluso un ‘Polo per la Simulazione e la Computazione Quantistica”. Ma non è chiaro quanto denaro andrà espressamente alla struttura quantistica.

“Per avere un ecosistema quantistico competitivo, immagino un investimento pari a circa 1 miliardo di euro nell’arco di dieci anni”, si augura Sciarrino. Simone Montangero è d’accordo con la stima. “Un giorno ci saranno Paesi con tecnologie quantistiche proprie, e Paesi senza” conclude Tafuri. “Solo chi si metterà in moto oggi sarà della partita tra cinque anni”.