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Vista aerea della penisola di Sirmione sul lago di Garda, il 16 agosto 2022, che mostra il ritiro delle acque a causa della recente grave siccità che è uno degli effetti più visibili del cambiamento climatico in Italia. Credit: Miguel Medina/AFP via Getty Images.

L'Italia è uno dei pochi Paesi europei a non aver ancora approvato un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC). Una prima bozza, presentata nel 2018, avrebbe dovuto essere approvata rapidamente, ma si è arenata in un complesso processo di revisione. Intanto la scienza del clima continuava a progredire, con il risultato che quella bozza ha finito per essere obsoleta rispetto ai più recenti rapporti dell'IPCC.

A fine dicembre è stata pubblicata una nuova bozza sul sito del Ministero dell'Ambiente e dell'Energia, che il 16 febbraio ha aperto su di essa una consultazione pubblica per sollecitare commenti, ultimo passo prima della sua approvazione. Il nuovo piano include una versione aggiornata dei modelli degli scenari climatici italiani, e descrive misure di adattamento e mitigazione come la difesa di persone e infrastrutture dall'innalzamento del livello del mare, la promozione dell'agricoltura di precisione per ridurre le emissioni del settore alimentare, campagne informative per ridurre gli sprechi alimentari domestici. La nuova versione include anche l’istituzione di un osservatorio nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici, per monitorare e aggiornare l’esecuzione del piano.

Una delle principali differenze tra la nuova bozza e la vecchia è nel modo in cui viene simulato il clima italiano all’interno dei modelli. "La versione del 2018 identificava sei macroregioni climatiche in Italia, e le proiezioni climatiche attese per ognuna, basandosi su un unico modello climatico con risoluzione di 8 km, sviluppato dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC)", spiega Paola Mercogliano, direttore del CMCC della Divisione di Ricerca sui Modelli Regionali e gli Impatti Geo-Idrologici. Nella versione attuale l'analisi è invece basata su cinque regioni amministrative: Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole. "Inoltre, abbiamo deciso di utilizzare tutti i modelli climatici regionali disponibili in letteratura alla massima risoluzione disponibile (12 km) e applicarli a 3 diversi scenari, per avere una maggiore potenza statistica", spiega Mercogliano.

Una particolarità del piano climatico italiano è che è tra i pochi, insieme a quelli di Francia e Irlanda, a includere il patrimonio culturale. "La maggior parte dei siti culturali italiani si trova sulle coste ed è colpita dall'erosione costiera e dall'innalzamento del livello del mare, esacerbati dalla crisi climatica", osserva Alessandra Bonazza, ricercatrice senior dell'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISAC). "Questi siti continueranno a subire livelli sempre più elevati di stress termico e potrebbero superare i 200 eventi estremi all'anno entro la fine del secolo". I monumenti nelle aree urbane sono un'altra preoccupazione, spiega l'autrice, perché l'aumento delle precipitazioni e dell'anidride carbonica accelererà la dissoluzione chimica dei materiali lapidei carbonatici, provocando un aumento del 30% della recessione superficiale rispetto al periodo 1961-1999.

In alcune aree, il nuovo piano prevede impegni meno stringenti del precedente, come nel caso di frane e alluvioni. La bozza del 2018 prevedeva un completo riassetto della rete idraulica naturale e artificiale entro il 2020. Nell'ultima versione del PNACC, lo stesso obiettivo viene riproposto senza una scadenza per l'attuazione concreta. "Definire la tempistica di questo tipo di interventi è particolarmente difficile", afferma Fausto Guzzetti, direttore dell'Ufficio Attività Tecnico-Scientifiche per la Previsione e Prevenzione dei Rischi del Dipartimento della Protezione Civile e coordinatore del capitolo del PNACC dedicato al dissesto geo-idrologico. "Quando si pianificano progetti strutturali, i tempi di redazione, progettazione e avvio dei lavori sono spesso superiori a quelli della costruzione stessa". Le misure soft sono più facili da progettare, ma possono comunque risentire della mancanza di infrastrutture e personale, afferma Guzzetti. Un esempio è il sistema nazionale che emette avvisi di rischio geo-idrologico, uno sforzo congiunto dello Stato e delle Regioni che avrebbe bisogno di più personale e più fondi per mantenere la rete di osservazione.

I cittadini, le autorità locali e tutte le organizzazioni pubbliche o private hanno tempo fino al 16 aprile per presentare osservazioni sul piano, che il ministero esaminerà prima di passare all'approvazione.