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Test anti COVID-19 per i passeggeri in arrivo dalla Cina all'aeroporto di Milano Malpensa, obbligatori dal 29 Dicembre 2022. Credit: Marfisi/AGF/Shutterstock.

L'Italia è stato il primo Paese europeo a imporre test pre- e post- volo ai viaggiatori provenienti dalla Cina, oltre a sequenziare i campioni positivi all'arrivo. Altri Paesi europei l'hanno seguita, e il 4 gennaio l'Unione Europea ha raccomandato di sottoporre a test pre-volo tutti i viaggiatori dalla Cina e diretti nell'UE. È la risposta a un'enorme ondata di infezioni e casi gravi in Cina, dopo la fine della politica zero-COVID in quel Paese.

Il Ministero della Salute ha spiegato, in un comunicato stampa del 30 dicembre, che le nuove misure sono volte a ridurre il rischio di importare nuove varianti dalla Cina. Nature Italy ha parlato dell’efficacia di queste misure con Stefano Merler, epidemiologo e matematico della Fondazione Bruno Kessler di Trento, che ha fornito consulenza al governo italiano nei primi due anni della pandemia.

I governi hanno fatto ricorso a misure di controllo dei viaggi aerei altre volte durante la pandemia. Nel febbraio 2020 la maggior parte dei Paesi ha bloccato gli ingressi dalla Cina. Poi, alla fine del 2021, gli Stati Uniti e la maggior parte dei Paesi europei hanno vietato i viaggi da alcuni Paesi dell'Africa meridionale per tenere fuori la variante Omicron. Cosa abbiamo imparato da queste esperienze?

Anche prima del COVID-19, sapevamo che le restrizioni alla mobilità possono avere un impatto notevole solo se vengono adottate in modo globale e rapido. La malattia da COVID-19, essendo in gran parte asintomatica, ha reso le cose molto più difficili. Diversi studi hanno dimostrato che il divieto di ingressi dalla Cina nel 2020 ha ritardato l'impennata dell'epidemia nel resto del mondo di poche settimane al massimo. Ciò è dovuto principalmente al fatto che i viaggi sono stati interrotti quasi due settimane dopo la rilevazione dei primi casi di esportazione in Thailandia, Giappone e Corea del Sud. Lo stesso è accaduto con Omicron: quando è stato imposto il divieto, la variante era già uscita dall'Africa meridionale. Non abbiamo mai impedito la diffusione di una singola variante con questo tipo di misure, e questa volta non sarà diverso.

Per quanto riguarda il sequenziamento dei tamponi positivi dei viaggiatori in arrivo, quale impatto potrebbe avere?

Ci aiuterà a monitorare le varianti di virus che arrivano nel nostro Paese, il che è utile. Questo non significa che terremo lontane le nuove varianti, perché i viaggiatori provenienti dalla Cina potrebbero facilmente raggiungere il nostro Paese facendo scalo altrove. L'Italia aveva già istituito un sistema di sorveglianza genomica del virus nell'aprile del 2021, che raccoglie i dati nella piattaforma Italian COVID-19 Genomic. È stata progettata dall'Istituto Superiore di Sanità per rispondere a domande di salute pubblica, ovvero se i farmaci a nostra disposizione, come vaccini, antivirali e anticorpi monoclonali, sono efficaci sulle varianti circolanti.

Quanti campioni vengono sequenziati da questo sistema di sorveglianza?

Quasi 1000 campioni a settimana, su cui l'ISS pubblica un rapporto mensile. Questo numero è sufficiente per rilevare varianti con una prevalenza fino allo 0,5%, e il sequenziamento è diretto alle infezioni che hanno maggiori probabilità di essere causate da nuove varianti preoccupanti. In particolare quelle che riguardano i pazienti negli ospedali e nelle unità di terapia intensiva, le reinfezioni, i soggetti immunocompromessi e le persone provenienti da Paesi sotto osservazione da parte di organizzazioni sanitarie internazionali. La Cina era già sul nostro radar prima dell'introduzione delle ultime norme. Oltre a questo, effettuiamo anche flash survey mensili incentrate sulle varianti già identificate come preoccupanti.

A che tipo di domande rispondono le flash survey?

Noi [della Fondazione Kessler] abbiamo avviato queste indagini insieme all'ISS nel gennaio 2021 per stimare in che misura Alpha fosse più trasmissibile rispetto alla variante più diffusa in Europa in quel momento. Per stimare la trasmissibilità, dovevamo misurare come la prevalenza della variante crescesse nel tempo. Abbiamo ipotizzato una prevalenza iniziale di almeno il 5% e calcolato la frazione di campioni positivi che ogni regione avrebbe dovuto sequenziare per ottenere una misura statisticamente affidabile. Abbiamo ripetuto l'indagine mensilmente. Questa iniziativa ha informato le misure adottate dal governo nei primi mesi del 2021. Le indagini sono poi diventate strutturali e, quando è emersa la variante Omicron, sono state condotte su base bisettimanale.

Altri Paesi, come il Regno Unito, stanno sequenziando molto di più. L'Italia dovrebbe aumentare i propri sforzi?

Considerati i fondi disponibili, l'Italia sta facendo bene. Naturalmente, si potrebbe pensare di espandere la campagna di sequenziamento, ma tenendo sempre presente che ogni iniziativa dovrebbe essere progettata per rispondere a una domanda specifica. Il Regno Unito non sta certo sprecando fondi, e il suo contributo alla conoscenza scientifica globale su questo virus è fondamentale.