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Modello molecolare della proteina spike di SARS-CoV-2 (in rosso), nella variante B.1.531 con il sito di mutazione evidenziato in giallo, mentre si lega al recettore ACE2 (blu) posto su una membrana cellulare. Credit: Juan Gaertner/SPL/Getty Images.

La proteina "spike" è la parte più studiata del genoma del virus Sars-CoV-2, perché permette al virus di entrare nelle cellule attraverso l'enzima di conversione dell'angiotensina 2 (ACE2). Un team di ricercatori statunitensi ed europei ha ora rivelato che la proteina spike modula la localizzazione dell'ormone estrogeno all'interno delle cellule, il che potrebbe portare a individuare ulteriori bersagli del virus e contribuire a spiegare perché il COVID-19 presenta molti sintomi sistemici oltre a quelli che colpiscono le vie respiratorie.

All'apice della pandemia, diversi gruppi di ricerca pubblici e privati hanno lavorato al progetto europeo Exscalate4CoV, per il riposizionamento di farmaci in grado di attenuare le conseguenze del virus nei pazienti. "Abbiamo così riscontrato un ruolo protettivo del raloxifene e di altri modulatori del recettore degli estrogeni, e abbiamo deciso di indagare ulteriormente", spiega Marcello Allegretti, Chief Scientific Officer di Dompé Pharmaceutics e tra gli autori di uno studio pubblicato su Science Advances1. Utilizzando il supercalcolo, gli scienziati italiani hanno poi identificato i recettori degli estrogeni come siti alternativi di legame per la proteina spike. Nel frattempo, anche i ricercatori del National Institutes for Health (NIH) negli Stati Uniti hanno scoperto che la proteina spike lega i recettori degli estrogeni umani, con un'affinità simile a quella dell'ACE2. "Durante la pandemia, abbiamo testato la proteina spike su una serie di oltre 9.000 proteine umane e abbiamo trovato un forte segnale dalla famiglia dei recettori degli estrogeni", afferma Oscar Solis, ricercatore del National Institute on Drug Abuse e primo autore dello studio.

È iniziata così una collaborazione tra ricercatori italiani e statunitensi che, utilizzando un modello dell’infezione nei criceti, hanno dimostrato che l'interazione con la spike porta il recettore degli estrogeni a trasformarsi da nucleare a citoplasmatico. "La spike altera la distribuzione del recettore, ma il modo esatto dipende dall'attivazione di base del recettore ormonale" spiega Allegretti. "Nei maschi, dove l'estrogeno non è un ormone principale, l'azione dello spike interferisce fortemente con la sua espressione, mentre nelle femmine, dove si ha un alto livello di attivazione basale, questo effetto è attenuato".

Inoltre, nei criceti infettati, il gruppo ha riscontrato una robusta interazione tra spike e recettore degli estrogeni all'interno dei macrofagi alveolari del polmone, cellule immunitarie che agiscono come prima linea di difesa contro il SARS-CoV-2. Infine, hanno anche scoperto che una modifica selettiva della sequenza della spike può interrompere il legame con il recettore senza comprometterne l'immunogenicità: un risultato fondamentale per mitigare i rari effetti collaterali osservati con i vaccini attualmente disponibili.

Il recettore degli estrogeni è espresso in tutto l'organismo ed è coinvolto in diversi processi fisiologici, dal funzionamento del sistema immunitario al controllo dell'umore. "Gli autori hanno utilizzato un approccio elegante e privo di bias per mostrare l'interazione tra spike e recettore degli estrogeni", afferma Abhinav Diwan, professore alla Washington University che non è coinvolto nello studio. "Tuttavia, restano molte domande aperte sul ruolo degli estrogeni nella sintomatologia di COVID-19". Secondo Solis, un ulteriore sviluppo interessante sarebbe cercare di scoprire se esista un legame fisiologico tra spike e meccanismi molecolari coinvolti nella depressione.