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La sede principale del CNR a Roma. Credit TK Kurikawa/ Shutterstock Images.

Maria Chiara Carrozza, un’affermata esperta di bioingegneria ed ex ministra della Ricerca, è diventata la ventiduesima persona ad assumere la presidenza del Consiglio nazionale delle ricerche, il principale ente di ricerca italiano, con 88 istituti che coprono quasi ogni disciplina, 8500 ricercatori e un bilancio di circa 900 milioni di euro.

La nomina di Carrozza arriva al termine di un processo insolitamente lungo, che era iniziato alla fine del 2019 ed era stato rinviato più volte; prima quando la pandemia ha colpito il Paese, e poi, lo scorso gennaio, quando è scoppiata la crisi di governo. Il vuoto ha lasciato il CNR senza una dirigenza forte durante le trattative sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che include investimenti in ricerca e sviluppo per circa 14 miliardi di euro. Molti, nella comunità del CNR, sono insoddisfatti della bozza, e temono che il piano finirà per sminuire il ruolo dell’ente. Mario Draghi, che a febbraio ha sostituito Giuseppe Conte alla Presidenza del Consiglio, sottoporrà entro fine aprile il piano finale all’UE.

Il presidente del CNR viene scelto dal ministro dell’Università e della Ricerca, da una rosa selezionata da un comitato indipendente. Il mandato di quattro anni del precedente presidente Massimo Inguscio scadeva a febbraio 2020. Il 16 dicembre 2019, l’allora ministro Lorenzo Fioramonti aprì un bando pubblico per la ricerca del successore di Inguscio. Ma lo stesso Fioramonti si dimise da lì a due settimane, per essere sostituito da Gaetano Manfredi.

Una lista di cinque candidati approdò sulla scrivania di Manfredi, ma non ne seguì nulla. L’Italia fu colpita dalla prima ondata pandemica, e il mandato di Inguscio venne più volte prorogato fino allo scorso febbraio, quando legalmente non era più possibile. Per Vito Mocella, fisico del CNR e già membro del consiglio di amministrazione dell'ente, lo stallo ha fatto sì che il CNR fosse escluso dalla risposta all'emergenza sanitaria. “Ci siamo sentiti umiliati per non aver potuto essere di aiuto”, concorda Roberto Defez, ricercatore all'Istituto di Bioscienze e Biorisorse del CNR di Napoli. “Il CNR poteva contribuire grazie alle sue ricerche multidisciplinari e alla sua diffusione nel Paese”. Anche Gianluca De Bellis, direttore dell'Istituto di Tecnologie Biomedica del CNR a Milano, trova inspiegabile l’inerzia. “La ragione non è chiara. Avevamo bisogno di un presidente per definire le strategie, per avere un ruolo primario nel tracciare il profilo del PNRR”, spiega. Manfredi non ha risposto alle richieste di commento rivoltegli da Nature Italy.

La situazione si è fatta ancora più confusa dopo l’insediamento del Governo Draghi. Maria Cristina Messa, già rettrice dell’Università di Milano-Bicocca, è diventata Ministra della Ricerca. Già vicepresidente del CNR dal 2011 al 2015, Messa era nella rosa iniziale, ed era da molti considerata la favorita. Inoltre, due dei cinque membri del nuovo consiglio di amministrazione del CNR – nominati da Manfredi nei suoi ultimi giorni da ministro – hanno dovuto rassegnare immediatamente le dimissioni perché erano stati assegnati ad altri incarichi incompatibili (come Patrizio Bianchi, diventato nel frattempo ministro dell’Istruzione). A fine febbraio il CNR era senza presidente e con un consiglio di amministrazione incompleto. Lucio D’Alessandro è stato nominato vice Presidente per guidare l'ente in attesa di una soluzione.

Lo scorso 8 marzo, Messa ha avviato un nuovo bando basato su nuovi criteri di selezione. “La precedente cinquina era stata selezionata sulla base di criteri superati”, ha scritto Messa in una email a Nature Italy. “I criteri usati per la nuova manifestazione di interesse sono gli stessi usati per tutti gli altri Enti Pubblici di ricerca nel 2020-2021 […] con i quali hanno assunto un rilievo, oltre all'aspetto scientifico, quelli tecnico-gestionali […] il CNR non poteva seguire criteri antecedenti [...] ho ritenuto più utile per il CNR indire la nuova selezione”. Ne è risultata una nuova rosa, e il 12 aprile Messa ha annunciato la propria scelta.

Maria Chiara Carrozza. Credit: Scuola Superiore Sant'Anna.

Carrozza, cinquantacinquenne, è professore ordinario di Bioingegneria industriale alla Scuola Superiore Sant’Anna ed esperta di applicazioni mediche della robotica. È stata ministro della Ricerca tra il 2013 e il 2014, e membro del Parlamento italiano dal 2013 al 2018. Nelle sue prime dichiarazioni ha spiegato che essere la prima donna a guidare l'ente è una sfida e una responsabilità senza precedenti, e rappresenta un “cambio di passo e di prospettiva”.

Tormentato da tagli di bilancio e spesso criticato per la sua struttura burocratica, il CNR resta il più grande e importante ente di ricerca del Paese, ma non è menzionato da nessuna parte nella bozza corrente del PNRR. La comunità del CNR è particolarmente preoccupata, perché il piano assegna 1,6 miliardi di euro a 7 nuovi “centri di eccellenza”, su temi che si sovrappongono a istituti del CNR esistenti. Il 15 marzo un gruppo di membri del CNR ha pubblicato un comunicato sostenendo che queste nuove strutture sono “difficili da comprendere” perché “i loro obiettivi e le competenze necessarie sono già rappresentate nel CNR, come pure nelle università e nel restante sistema della ricerca pubblica”.

Nel suo scambio con Nature Italy, Messa ha scritto che il nuovo presidente “il non facile compito di fare del CNR uno dei traini del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, e che considera l’ente “centrale e trasversale a quasi tutte le misure” in esso.

Per Mocella, “Carrozza ha le competenze e l'esperienza per essere un’eccellente presidentessa”. Ma crede che quanto accaduto dimostri che il CNR dovrebbe essere autogovernato, come le università o come l'Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) dove la comunità elegge il presidente. “L’autogoverno ci avrebbe risparmiato questo stallo imbarazzante”, commenta. “Mi auguro che la stessa Carrozza abbia la volontà di riformare il CNR, e che i ricercatori avranno voce in capitolo sul prossimo presidente”.