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Credit: yuoak/ DigitalVision Vectors/ Getty Images

Ogni giorno il COVID-19 ci ricorda quanto la ricerca e l’innovazione siano decisive quando dobbiamo affrontare sfide globali. Ma ci ricorda anche come da sole non bastino.

Affrontare un problema complesso come una pandemia richiede, infatti, anche un’analisi dettagliata degli aspetti sociali della crisi, e il discorso vale per il cambiamento climatico, la transizione energetica o la rivoluzione digitale guidata dai Big Data e dall’intelligenza artificiale (IA). I cittadini, quali contribuenti che finanziano la ricerca e utenti finali dei suoi risultati, hanno il diritto di vedere considerati i propri bisogni, le proprie aspettative e i propri valori, e di essere coinvolti in ogni fase della scienza e della tecnologia. Ciò può rendere la risposta più articolata, ma anche più giusta, inclusiva e responsabile.

Pur essendo rari in Italia, i metodi partecipativi sono stati ampiamente sperimentati in varie parti del mondo per coinvolgere i cittadini nella ricerca e nelle scelte decisionali in settori cruciali, quali l’energia, la salute e la mobilità. Queste metodologie discendono da una parte dal tecnhology assessment, che si basa su dialoghi strutturati con i cittadini per valutare l’impatto delle nuove tecnologie sulla società1 2 3; dall’altra dalla democrazia deliberativa, in cui cittadini scelti in modo casuale partecipano direttamente alle scelte decisionali tramite discussioni informate.

Esempi frequenti sono le giurie e le assemblee di cittadini o “mini-pubblici”, che convocano un campione rappresentativo della popolazione per deliberare collettivamente, dopo incontri che possono durare da un giorno a più fine settimana. Questa via si è dimostrata efficace per risolvere questioni etiche e sociali controverse. Più recentemente, in Canada, in Francia, nel Regno Unito e in Scozia questi metodi sono stati adottati per definire politiche pubbliche sul cambiamento climatico – persino in periodi di COVID, sostituendo gli incontri in presenza con processi deliberativi on line4.

I metodi partecipativi sono sempre più riconosciuti anche dall’Unione Europea. I cittadini saranno coinvolti nel definire le azioni delle cinque “Missioni” al cuore del suo nuovo programma di ricerca “Horizon Europe”, tramite consultazioni e processi partecipativi strutturati simili ai mini-pubblici.

La voce e le idee dei cittadini sono state anche ascoltate in diversi progetti di ricerca finanziati dalla Commissione Europea, recentemente per progettare con gli abitanti del territorio i programmi strategici regionali di ricerca e innovazione in Catalogna, Bruxelles-Capitale e Lombardia grazie al progetto TRANSFORM.

In linea con questa ultima esperienza, tre anni fa la regione Lombardia ha istituito il Forum Regionale su Ricerca e Innovazione, un board indipendente formato da 10 esperti internazionali di governance responsabile della ricerca e dell’innovazione, attraverso il coinvolgimento dei cittadini e la social innovation. Il Forum , tra i tanti compiti svolti, ha anche elaborato delle Raccomandazioni rapide per l'emergenza COVID-19 il cui utilizzo potrebbe andare ben oltre l’ambito regionale5, concentrandosi sulla comunicazione trasparente e sul coinvolgimento dei cittadini nel creare insieme soluzioni concrete per affrontare l’emergenza.

Sono tutti passi avanti importanti, ma si può fare di più. Una strada praticabile è quella della social innovation e imprenditorialità sociale: i termini indicano una vasta gamma di modelli imprenditoriali, per esempio cooperative sociali e B-corp, che guardano contemporaneamente alla sostenibilità economica e all'impatto sociale o ambientale. In letteratura vi sono sempre più prove della capacità degli imprenditori sociali di dirigere le innovazioni verso uno scopo sociale condiviso. Finora sono stati poco coinvolti nei processi di ricerca e innovazione, ma possono essere i giusti intermediari per affrontare sfide sociali e ambientali attraverso soluzioni economicamente sostenibili.

Ci auguriamo che, nei suoi primi provvedimenti, il Governo italiano appena insediato possa fare tesoro di tali esperienze e definire solidi processi partecipativi e di co-creazione per le molte sfide complesse che ci attendono. Tra esse, scegliere a chi dare la priorità nella vaccinazione contro il COVID-19, una volta protette le fasce più deboli della popolazione; ideare azioni concrete per una transizione energetica senza aggravare o generare nuove forme di “povertà energetica” e di scontri sociali e intergenerazionali; deliberare sugli impatti accettabili di tecnologie fondamentali come l’IA o l’editing del genoma.

Il Governo italiano sta varando il Piano di rilancio e resilienza Next Generation EU, il più importante piano strategico per il nostro Paese da decenni. Ricerca e innovazione avranno un ruolo centrale nel piano, e il Governo dovrebbe adottare, nelle proprie linee di azione, pratiche e principi inclusivi e responsabili. Concretamente, questo può includere una valutazione obbligatoria di impatto sociale e ambientale (ex-ante ed ex-post) per iniziative nel campo della ricerca e dell’innovazione, l’inclusione del terzo settore nelle politiche di innovazione, l’istituzionalizzazione di processi aperti e pubblici di partecipazione per i grandi progetti di ricerca.

Se applicata adeguatamente, una partecipazione sociale intensa e diffusa è una via percorribile per accrescere, in Italia, la trasparenza e la fiducia nella scienza e nell’innovazione, e per trasformare il bisogno e le aspirazioni della società nei motori di una crescita equa.